Agricoltura bio, indispensabile l’innovazione-tech per rispondere alle sfide del settore

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Mentre aumenta il fabbisogno alimentare planetario – secondo la FAO nel 2050 la richiesta di cibo sarà il 50% più alta rispetto al 2010 – crescono le perplessità sulla capacità dell’agricoltura di produrre il cibo sufficiente a sfamare i 10 miliardi di persone che abiteranno il Pianeta.

Prima di tutto: stanno diminuendo i terreni adatti alla coltivazione. Uno studio ONU ha evidenziato che ogni anno si perdono 24 miliardi di tonnellate di suolo agricolo fertile, un dato catastrofico considerando che per ottenerne solo 5 centimetri occorrono fino a mille anni. Decenni di agricoltura intensiva stanno restituendo un suolo sempre più impoverito che, per essere produttivo, richiede l’impiego di una quantità crescente di fertilizzanti, dando luogo a un circolo vizioso. Senza considerare che l’approvvigionamento dei concimi sintetici è una variabile che risente delle crisi e degli equilibri internazionali. Come è accaduto nel caso del conflitto tra Russia e Ucraina che ha portato alle stelle i prezzi dei fertilizzanti (+150% rispetto al 2021).

Sempre più spesso l’agricoltura deve fare i conti con gli effetti dell’emergenza climatica. Ondate di calore che bruciano i raccolti, grandinate che li distruggono, eventi siccitosi che riducono la disponibilità idrica, rendendo l’acqua una risorsa sempre più scarsa e contesa.

Infine, le conseguenze ambientali e sanitarie legate al coltivare su terreni indeboliti dall’uso crescente di pesticidi che azzerano la biodiversità nei campi coltivati. Un problema che – secondo una recente ricerca dell’università di Sidney pubblicata su Nature Geoscience – riguarda il 64% dei terreni agricoli nel mondo.

Partendo da questi dati ci si domanda se e come l’agricoltura sarà in grado di soddisfare le future crescenti necessità alimentari della popolazione mondiale, rispondendo al tempo stesso alla domanda di sostenibilità.

Al di là dell’uso di tecnologie digitali innovative e all’aiuto di soluzioni hi-tech, come le coltivazioni acquaponiche, risulta evidente che per vincere le sfide legate all’aumento del fabbisogno alimentare planetario serva un nuovo modello. L’agricoltura non serve solo a produrre cibo ma, se praticata secondo un approccio agroecologico, svolge molte funzioni: difende la molteplicità delle forme di vita, nutre il terreno riducendo il rischio idrogeologico, cattura il carbonio dando un contributo fondamentale alla difesa del clima.

È stato dimostrato che la conversione all’agricoltura biologica incrementa il sequestro annuo di carbonio organico. Infatti, nei terreni coltivati con il metodo bio l’accumulo annuo di carbonio organico nel suolo è pari a 3,5 tonnellate per ettaro, mentre negli altri si ferma a 1,98”, ha precisato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio.

L’agroecologia gioca un ruolo significativo anche di fronte agli eventi meteorologici estremi: i suoli gestiti con tecniche bio contengono più biomassa e hanno una maggiore stabilità e biodiversità rispetto a quelli coltivati con il convenzionale. Dunque trattengono meglio l’acqua, rappresentando una forma di protezione in caso di siccità e inondazioni. In questo scenario l’innovazione tecnologica rappresenta un elemento complementare rispetto alla crescita del biologico, indispensabile per rispondere all’insieme delle sfide del settore.

In questa direzione si è sviluppato Oltre.bio (vedi news). Il progetto portato avanti in Puglia, una delle Regioni italiane più produttive in termini di biologico ha ottenuto ottimi risultati nella coltivazione di viti e ciliegi con un innovativo approccio ecosistemico che prevedeva la gestione integrale del suolo, dell’acqua e delle risorse viventi. “Grazie all’utilizzo di antagonisti e di preparati microbiologici in grado di contrastare i parassiti e, in contemporanea, all’utilizzo di una sensoristica avanzata per il monitoraggio microclimatico si potranno gestire meglio le avversità e avere un suolo più fertile”, ha spiegato Luigi Tarricone del CREA.

L’utilizzo delle tecnologie digitali si adatta in particolare alle necessità del bio. L’agricoltura biologica più dell’agricoltura convenzionale ha bisogno di prevedere quello che accadrà e di gestire in maniera precisa gli interventi da fare. “Gli agricoltori biologici hanno la necessità di giocare d’anticipo proprio perché, a differenza degli agricoltori convenzionali, davanti a un problema o una carenza di nutrienti non possono utilizzare strumenti come pesticidi e fertilizzanti di sintesi.  Per questa ragione per gli agricoltori biologici è fondamentale conoscere e analizzare le condizioni del suolo, incrociando questi dati con quelli satellitari per individuare immediatamente la presenza di parassiti”, ha affermato Paolo Carnemolla, segretario generale di FederBio e presidente di FederBio Servizi.

Le tecnologie digitali in agricoltura, oltre a permettere di risparmiare risorse e prevedere i rischi che potrebbero correre le colture, consentono di analizzare tutto quello che succede: dal campo allo scaffale, dal seme fino al prodotto finito che può essere una mela, ma anche un vasetto di marmellata o un pacco di pasta. “La tracciabilità della filiera resa possibile dalle soluzioni tecnologiche facilita l’attività di controllo da parte di organismi di certificazione sulla corretta applicazione delle tecniche. In particolare per il biologico è uno strumento utile per aumentare la trasparenza e per valorizzare chi lavora in maniera sostenibile e con strumenti innovativi”, ha aggiunto Carnemolla.

Un’esperienza concreta è rappresentata da FIP (Federbio Integrity Platform) sistema sviluppato da FederBio assieme a Feelera e Abacogroup. Una piattaforma di tracciabilità applicabile all’agricoltura e all’allevamento in grado di raccogliere e condividere i dati di sostenibilità della filiera e delle sue produzioni e mappare la lavorazione dei prodotti grazie ai dati ottenuti da satelliti e sensori presenti in campo. Le aziende possono collegarsi e inserire i dati manualmente, oppure la piattaforma può raccoglierli direttamente. Il risultato può arrivare direttamente al consumatore con il classico QR code applicato sul packaging che racconta la storia di quel prodotto in tutti i suoi passaggi. E la tracciabilità della filiera serve a dare una valutazione complessiva che include i vari aspetti della sostenibilità e il benessere animale.

Fonte: Huffington Post

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