‘Ma siamo sicuri che il bio faccia poi così bene?’. A chiederselo è la Washington Post, che nella sezione ‘salute’ del giornale, ha pubblicato un articolo legato alle ultime ricerche di scienza dell’alimentazione e il punto di vista della dottoressa Tiffany Hays del Johns Hopkins Children’s Center. Sul testo si è scatenata una grossa polemica in America.
L’articolo è stato ripreso in Italia il 25 marzo da Repubblica. Qui di seguito stralci del testo del giornale italiano:
‘La varietà della dieta è molto più importante ed ha un impatto maggiore sul futuro dei piccoli rispetto alla scelta bio o non bio – afferma Hays. Fornire la giusta quantità di vitamine, fibre e minerali, capire subito le eventuali allergie: queste sono le regole importanti per la salute. Questo dimostrano tutte le nostre ricerche’.
A darle ragione studi approfonditi che hanno preso in esame centinaia di casi tra donne incinte e bimbi di varie età (da 0 a 6 anni). Incrociando i molti dati, il risultato non cambia: non ci sono evidenze scientifiche, niente prove schiaccianti a testimoniare che il cibo organico sia meglio dell’altro. E lo stesso confermano gli esperti dell’università di Stanford, che hanno collaborato ai progetti: "Certo c’è un buon 30 per cento di possibilità in meno di trovare pesticidi negli alimenti bio. Ma in tutti i nostri prelievi non abbiamo mai visto valori sopra la soglia di rischio nemmeno negli altri. E anche gli additivi presenti nei prodotti tradizionali non sono nocivi per la salute’.
‘E pure sui valori nutrizionali – continua Repubblica – la scienza non sembra dare una mano ai sostenitori del naturale: non ci sono indicazioni chiare che siano maggiori o migliori. Insomma, come dice uno dei medici, che la pappa bio sia meglio è solo una percezione, una questione psicologica che rassicura i genitori quasi a livello inconscio. Poi ovviamente aggiunge: Noi non vogliamo dire alla gente cosa deve mangiare, ma solo dare un quadro il più completo possibile per aiutare le persone in una decisione importante e difficile come scegliere il cibo per i loro figli’.
Tesi destinata a far discutere, tanto che – è sempre il testo del giornale romano – sui blog le mamme e i papà si sono già scatenati. ‘Vergogna Stanford’: urlano in caratteri tutti maiuscoli.
E Abby dall’Ohio scrive: ‘Non si tratta di preferire una dieta o un’altra. Io voglio soltanto evitare di dare da mangiare veleno ai miei bambini e per questo compro solo bio’. E molti citano altri studi con dati diversi: ‘Basta andare su Google per vedere quanti pesticidi ci sono e che danni provocano’. Poche le voci caute: ‘Lo so, lo so forse è così quando si tratta dei miei piccoli sono un po’ nevrotica’, ammette una madre.
È una vera e propria ondata di indignazione a conferma di un successo inarrestabile. E le cifre sono lì a testimoniarlo: Happy Family, una delle aziende leader del settore, fatturava 115mila dollari nel 2006, ora guadagna 35 miliardi. La quota di mercato è attorno al 10 per cento (dell’oltre miliardo di dollari complessivo), ma ogni mese la quota sale e poco importa se i genitori devono pagare molto di più per comprare cibi bio: in alcuni casi anche il doppio, con una media di rincari del 30 per cento. Quasi una mania se si pensa che in alcuni ospedali dai genitori è stato chiesto ai dottori di mettere prodotti naturali nei tubi dell’alimentazione dei loro figli malati. Un boom che certo nasce dalla sana voglia di preservare la salute, ma frutto anche di una moda, che ha trasformato i tipici sacchetti colorati in status symbol, grazie ad una strategia di marketing sempre più aggressiva. Ed è per evitare inutili spese alle famiglie, che sono sempre di più i pediatri che scelgono di non consigliare cibi bio alle neo mamme.
Su Internet – riporta Repubblica – molti siti di associazioni di medici affrontano il problema, nessuno attacca ovviamente i prodotti naturali, ma tutti provano a fare un po’ di chiarezza. ‘Non ci sono elementi scientifici a provare che sono più salutari, i livelli nutrizionali e la qualità sono uguali. Ogni tanto, ci sono allarmi sulla presenza di sostanze tossiche nei vari alimenti, ma nella maggioranza dei casi sono falsi’, dice uno di loro alla Washington Post. E la sua conclusione è in bilico tra la speranza e l’ironia: ‘Mi auguro che questi genitori così preoccupati di evitare pesticidi e ormoni ai loro figli, poi siano anche così scrupolosi nell’educarli ad una sana alimentazione da adolescenti. L’obesità è il vero nemico da combattere’. Nell’attesa – conclude il testo di Repubblica – che anche dimagrire diventi finalmente una moda, con i conseguenti vantaggi per la salute’.
Insomma, ci risiamo. Perché non c’è proprio niente di nuovo. Quello che ha scritto Washington Post lo avevano scritto altri prima, sempre in America o in Inghilterra, ovvero nel regno delle multinazionali dell’alimentazione convenzionale.
Immediata è stata in Italia la reazione dell’AIAB: ‘Ciò che il biologico sostiene, da sempre, non è solo che la chimica fa male, ma che il metodo biologico fa bene a chi lo pratica e ai consumatori, perchè la buona agronomia difende le risorse naturali e garantisce prodotti buoni e sani. Che la chimica faccia male è sapere comune di chi ha voglia di studiare e leggere la bibliografia scientifica: un solo esempio sono gli studi epidemiologici di Curl et al., che dimostrano come nei bambini l’uso di prodotti bio si manifesta nell’immediata scomparsa dei residui di pesticidi nelle urine. E’ sapere comune anche il fatto che la valutazione dei pesticidi e la loro autorizzazione si basa solo sulla tossicità acuta, non su quella cronica ed ancora meno sull’effetto dei multiresiduo.
Ma una visione riduzionistica dell’agricoltura e dell’uso della chimica è funzionale alla PAC che si sta votando, con nessun attenzione all’ambiente, e al Piano Nazionale sull’uso dei pesticidi, teso solo a legittimarne l’uso. Su entrambi gli argomenti AIAB è intervenuta con proposte concretissime, sostenute dalle evidenze scientifiche e dalle richieste dei cittadini’.
‘In presenza di questa tolleranza sui pesticidi e di questa Politica Agricola Europea cieca alle esigenze e alle volontà dei cittadini europei – ha dichiarato Alessandro Triantafyllidis, presidente di AIAB– il bio rappresenta l’unico modello agricolo alternativo pulito e sicuro, da inserire in una dieta diversificata ed equilibrata. Siamo abituati a vedere istituzioni scientifiche che, sempre più spesso, per difendere interessi ben più grandi e consolidati riducono le analisi comparative all’aspetto meramente nutrizionale dei prodotti bio, tralasciando le vere differenze: maggiore fertilità del suolo, maggiore biodiversità ed infine assenza di pesticidi di sintesi nel prodotto, nell’aria, nell’acqua.
Se invece vogliamo essere seri, dobbiamo concludere con un’analisi di tutti gli impatti dell’agricoltura e di tutti gli aspetti qualitativi dei cibi: allora sarebbe evidente come e quanto il bio sia una risposta percorribile e vincente’.