Trent’anni di biologico artigianale: Chef Service festeggia e guarda al futuro

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Trent’anni di impegno per una trasformazione biologica che valorizza il territorio e sostiene le piccole aziende agricole. Con questo spirito, Chef Service, laboratorio artigianale forlivese specializzato in conserve vegetali biologiche, ha festeggiato il suo anniversario con un evento ricco di testimonianze, visioni e progettualità per il futuro del bio.

L’incontro si è svolto presso l’azienda agricola I Nani di Giada e ha visto la partecipazione di produttori biologici, esperti, trasformatori e realtà associative.

Un bilancio che parla il linguaggio del territorio

A dare il via all’incontro è stato Massimo Piraccini, fondatore insieme a Lorella Rossi, che ha ripercorso i trent’anni di attività: “Vogliamo ringraziare chi ci ha accompagnato fin qui. Oggi lavoriamo con oltre 500 aziende agricole, il 70% delle quali romagnole, trasformando le loro produzioni stagionali in oltre 2.000 ricette certificate bio. Succhi, passate, salse, paté, sottoli e creme spalmabili che nascono da una filiera corta e virtuosa”. Con un team di 15 persone (che sale a 20 nei picchi stagionali) e un fatturato di 1,2 milioni di euro nel 2024, Chef Service si conferma un punto di riferimento per il biologico artigianale.

Le testimonianze delle aziende bio

Tra gli interventi, Giovanni Drei (Tre Querce, Forlì) ha raccontato l’efficacia del biodinamico per il recupero dei suoi noceti, mentre Paolo Marianini (Tirli, Santa Sofia) ha descritto il proprio progetto di economia rurale: grani antichi, molitura a pietra e forno a legna per pane e pizza dal sapore autentico. Gianni Rivalta dell’azienda agricola Rivalta di Forlì ha evidenziato l’importanza del legame diretto col consumatore e della trasmissione culturale del bio alle nuove generazioni: “Non basta lasciare un mondo migliore, bisogna educare chi lo abiterà“.
Pradiip Tonello (Food for All, Verona) ha posto l’attenzione sulle difficoltà crescenti per le piccole realtà biologiche, tra concorrenza della GDO, pressione sui prezzi e carenza di risorse per il marketing. Secondo Alberto Bergamaschi, già certificatore, serve andare “oltre il bio”: “Il marchio UE certifica anche il minimo sindacale. La qualità reale va raccontata con onestà, valorizzando chi fa davvero di più”.

In anteprima, il progetto “Romagna Bio”

Momento centrale della giornata è stato l’intervento di Giovanni Amadori, presidente dell’Associazione dedicata al padre Dino Amadori, fondatore dell’Istituto Oncologico Romagnolo. Amadori ha presentato il progetto Romagna Bio, nato per valorizzare le produzioni biologiche locali come strumento di prevenzione e salute pubblica. “Le nostre radici agroalimentari sono senza pesticidi. Questo patrimonio va riconosciuto e rilanciato”.

Il bio tra passato e futuro

A chiudere l’incontro, la riflessione di Rosa Maria Bertino, cofondatrice di Bio Bank. Dalla fotografia del bio nel 1995 a oggi, emerge un settore cresciuto in operatori (oltre 94.000), superficie (2,5 milioni di ettari) e consumi (4% del totale alimentare), ma che ha ancora ostacoli da superare: burocrazia, accesso al credito e bisogno di rete. “Dobbiamo investire sull’educazione e sull’informazione – ha concluso Bertino – per costruire una cultura del bio che parta dalle scuole e arrivi a tutta la società”.

L’evoluzione del biologico in Italia

É intervenuta anche Rosa Maria Bertino, cofondatrice di Bio Bank, che ha offerto un’analisi dettagliata dell’evoluzione del settore biologico in Italia dal 1995 a oggi. All’epoca, i produttori biologici erano circa 9.000, affiancati da poco più di 300 produttori-trasformatori e da un centinaio di aziende specializzate esclusivamente nella trasformazione, tra cui la nascente Chef Service. Le superfici coltivate secondo metodo biologico superavano di poco i 150.000 ettari, pari a circa l’1% della superficie agricola utilizzata. La distribuzione era concentrata sulla vendita diretta, tra spacci aziendali e mercatini locali, i consumi erano limitati e l’informazione viaggiava soprattutto attraverso il passaparola.
Nonostante i progressi, però, restano sfide importanti: la semplificazione burocratica, la necessità di creare reti tra aziende, un maggiore sostegno dalle politiche agricole e un impegno più incisivo nella formazione e comunicazione, anche nelle scuole, per costruire una cultura del biologico diffusa e consapevole.

La Redazione

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