Storytelling e degustazioni per fa conoscere il vino bio in Corea del Sud

vino corea

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Il vino – e a maggior ragione quello biologico – è ancora un mercato di nicchia in Corea del Sud, ma è in forte crescita, per questo gli è stato dedicato un approfondimento nell’incontro “Internazionalizzazione del bio Made in Italy – Focus Corea del Sud” organizzato nell’ambito di ITA.BIO, la piattaforma a supporto dello sviluppo strategico del biologico Made in Italy sui mercati internazionali, promossa da FederBio e ICE, a cura di Nomisma.

Quando si parla di vino in Corea, anzitutto, è bene precisare che si tratta di vino di uva, perché nel paese asiatico sono diffuse altre tipologie, derivanti dal riso.

Attualmente, secondo le indagini condotte da Nomisma, il vino così come lo intendiamo noi, dopo pasta e formaggi è il prodotto a maggiore potenziale nell’ambito del Made in Italy. In effetti le importazioni dal 2019 al 2022 sono raddoppiate, superando il mezzo milione di euro.

Il mercato ha raggiunto il suo massimo durante la pandemia, quando il consumo ha superato i 700 milioni di ettolitri. “Nel 2023 – ha spiegato Emanuele Di Faustino, responsabile Industria Retail e Servizi Nomisma – c’è stato un calo dovuto alla fine del boost derivante dalla pandemia e dall’emergere della concorrenza degli spirits. Inoltre la necessità di consumare le scorte cumulate negli anni precedenti ha causato un rallentamento delle importazioni”.

4 consumatori coreani su 10 dichiarano di aver bevuto vino almeno una volta nell’ultimo anno. Il mercato predilige i rossi fermi (e questo è tipico dei mercati asiatici, perché accade anche in Giappone e in Cina), infatti nel 2023 il totale dell’import dei vini fermi si è attestato sui 351 milioni di euro, cui vanno aggiunti i 97 milioni totalizzati dagli spumanti.

L’Italia – ha commentato Di Faustino – è il terzo fornitore di vini fermi, dopo Francia e Usa; il secondo per gli spumanti dopo la Francia. L’Italia è annoverata tra i Paesi con una proposta vinicola di maggiore qualità”. Il 50% dei consumatori di vino ha bevuto almeno una volta il nostro vino

Nella scelta del vino, il prezzo non è un driver importante. Lo sono l’origine (e l’Italia è al secondo posto delle preferenze), il brand e il consiglio di conoscenti ed esperti. Il fatto che il vino sia biologico è il criterio di scelta per il 6% dei coreani. 

Tra i consumatori di vino, il 30% acquista consapevolmente quello bio, mentre il 19% sceglie nello specifico quello di provenienza italiana. “Il consumo di vino bio italiano – ha commentato di Faustino – è superiore nella upper class, tra i millennials (nati tra il 1980 e il 2000) e tra coloro che cono stati in Italia negli ultimi anni. In base alle nostre indagini, le leve da attivare per aumentare queste percentuali sono un prezzo più accessibile, la presenza di offerte e promozioni, la possibilità di fare assaggi, la maggiore presenza sugli scaffali e nei ristoranti. Poiché la ristorazione italiana è relativamente poco presente a Seul, bisogna comunicare le possibilità di abbinamento con il cibo coreano e il fatto che il nostro vino bio è un prodotto perfetto per festeggiare, perché i consumi avvengono soprattutto nelle occasioni speciali. Poiché la cultura coreana è molto distante dalla nostra, occorre un buon storytelling per spiegare da chi, dove e in che modo è fatto il vino biologico. Il consumatore lo vuole sapere”.

Proprio per far conoscere la propria identità, Caruso & Minini, azienda di Marsala che produce vini bio e che è presente nei principali retail coreani investe negli incoming una quota del proprio fatturato. “Per trasmettere il valore della produzione bio bisogna dimostrarlo – ha affermato Nicolò Calza, responsabile estero di Caruso & Minini – per questo invitiamo nella nostra sede buyer, brand ambassador, opinion leader. Li portiamo tra i vigneti, mostriamo la nostra cantina…. questo ci dà il vantaggio di far conoscere davvero il territorio e come gestiamo il vigneto”.

Un altro aspetto cui l’azienda siciliana è attenta è la presentazione del vino. “Il target del vino bio in Corea del Sud  è piuttosto giovane – ha affermato – e ama vedere delle etichette curate. Nell’ambito del biologico non si può competer sul prezzo, bisogna puntare su altri fattori”.

Elena Consonni

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