Nasce come progetto nel 2016. Il progetto poi si concretizza nel 2020 con la costituzione di una fondazione nata per volontà di Assovini Sicilia e Consorzio di Tutela della Doc Sicilia. A presiederla Alberto Tasca, il “visionario” imprenditore amministratore delegato dell’azienda Tasca d’Almerita, attentissimo alle dinamiche dei cambiamenti climatici, alla tutela dell’ambiente e della salute del pianeta. Finora aderiscono 39 cantine e vengono certificate oltre 20 milioni di bottiglie. Ma la diffusione della cultura della sostenibilità è più che mai in pista.
SOStain non è solo un bollino di cui i produttori di vino possono andare fieri e orgogliosi che magari si aggiunge ad altri simboli che attestano la certificazione di processo e/o di prodotto. “Aderire a SOStain significa prendere impegni ben precisi nei confronti del territorio, delle risorse naturali, dei consumatori, dei dipendenti/collaboratori, dei fornitori”, ha affermato Alberto Tasca durante il convegno di chiusura della kermesse vinicola “Sicilia en Primeur” che si è svolto lo scorso 20 maggio nella splendida cornice di Radicepura a Giarre. “Le cantine che hanno sposato la nostra filosofia – ha proseguito – si aprono e raccontano la propria storia, basandosi su dati misurabili e assumendosi alcune importanti responsabilità nei confronti di chi il vino lo fa e di chi lo berrà”.
Elemento di distinzione è l’approccio “orizzontale”
Le aziende aderenti a SOStain, che è una versione migliorata e adattata alla Sicilia del sistema VIVA (nel senso che le regole sono perfino più stringenti), redigono un report annuale di sostenibilità in cui, usando un linguaggio condiviso all’interno del sistema, dimostrano i risultati delle azioni intraprese nel loro percorso verso il miglioramento e tracciano gli impegni futuri. “Ciò che distingue SOStain dagli altri programmi di sostenibilità del settore vitivinicolo – ha spiegato il presidente della Fondazione – è l’approccio di tipo orizzontale, basato cioè sulla misurazione dell’impatto delle attività dell’intera azienda e non soltanto del processo produttivo relativo al singolo prodotto”.
La certificazione rilasciata da un ente terzo indipendente garantisce alle aziende il riconoscimento del proprio sforzo nella direzione della sostenibilità e costituisce una garanzia per tutti i consumatori che vogliono effettuare scelte attente e consapevoli.
“È bene sottolineare che aderire al protocollo SOStain ed ottenere la relativa certificazione per le cantine non è un punto di arrivo, ma una tappa che le obbliga moralmente a effettuare misurazioni costanti finalizzate alla riduzione dell’impatto che le pratiche agricole ed enologiche hanno sul territorio”, ha puntualizzato Alberto Tasca.
Alle cantine aderenti Fondazione SOStain offre assistenza tecnica e formazione, in più vengono resi i protocolli applicabili. Poi ogni anno per ciascuna struttura l’asticella viene alzata. Il percorso di ciascuna cantina verso la sostenibilità, dunque, pur partendo da dieci requisiti base uguali per tutte, si differenzia in base ai traguardi che mano a mano è riuscita a raggiungere. Senza stressare aziende, imprenditori e personale, è possibile ottenere graduali ma costanti miglioramenti.
Dieci requisiti per far parte di SOStain
Il programma SOStain è inclusivo. È, infatti, aperto a tutte le aziende vitivinicole siciliane, siano esse con orientamento biologico o biodinamico. Sono ammesse anche quelle in convenzionale ma solo quelle che, nella produzione delle uve, seguono il Disciplinare del Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata (SQNPI) o il Disciplinare regionale di Produzione Integrata o hanno aderito alla misura 10.1.b del Psr Sicilia e quindi adottano metodi di gestione delle aziende eco-sostenibili. Accanto a questo sono stati aggiunti alcuni requisiti minimi per alzare il livello, come ad esempio divieto del diserbo, che per SQNPI sarebbe consentito, e tutta una serie di azioni adattate alla realtà siciliana. Presto e in modo naturale, anche le aziende in convenzionale, ma ristrette in confini di sostenibilità e attenzione alle risorse ambientali, vireranno verso il sistema biologico.
Ci sono poi altri nove requisiti minimi che le aziende vitivinicole devo rispettare per entrare a far parte del programma SOStain. Le pratiche prese in esame vanno dalla misurazione dei consumi di acqua e dell’impronta carbonica, al controllo del peso della bottiglia, dalla salvaguardia della biodiversità floro-faunistica alla valorizzazione del capitale territoriale (a cominciare dall’uva utilizzata che deve essere tutta prodotta in Sicilia), dal risparmio energetico alla salute degli agricoltori e dei consumatori.
Il disciplinare è stato redatto da un comitato scientifico indipendente partendo dal basso, cioè dai fabbisogni dei produttori ed è stato adottato dopo un test decennale su alcune cantine siciliane. Il programma, certificato da un ente terzo, è riconosciuto da molti monopoli del Nord Europa.
Aderire a SOStain può risultare oneroso per le piccole e piccolissime aziende che, talvolta, hanno difficoltà in termini organizzativo-gestionali ed economici per la raccolta e l’analisi dei dati utili alla certificazione. Le numerose micro-aziende dell’Etna, ad esempio, ne sarebbero automaticamente escluse. Ma per superare questo impasse la Fondazione ha siglato un accordo con il Consorzio Etna Doc, per agevolare l’adesione delle micro cantine che ricadono all’interno della denominazione. Per queste micro cantine ci sarà una riduzione dei costi per l’assistenza tecnica necessaria alla certificazione. Insomma, la diffusione delle best pratices prima di tutto.
I cantieri aperti
Oltre a fornire assistenza tecnica e formazione alle aziende aderenti, la Fondazione ha messo in campo numerosi progetti di ricerca e di trasferimento delle innovazioni.
Mentre si lavora alla organizzazione del “Simposio Internazionale sulla sostenibilità”, si festeggia il traguardo più recente: una bottiglia tutta siciliana ottenuta dal riciclo del vetro raccolto nell’Isola. Ha un peso contenuto così da incidere meno, in termini di impronta carbonica, sia sui trasporti che sulla produzione e viene prodotta nello stabilimento siciliano della multinazionale O-I, uno dei partner della Fondazione. La bottiglia viene prodotta interamente in Sicilia con almeno il 95 per cento di vetro riciclato che proviene solo dalla raccolta differenziata effettuata nell’Isola. Sul fondo presenta la sagoma della Sicilia a rappresentare il forte legame con il territorio sia del contenitore che del contenuto.
La Fondazione vuole dare una seconda vita anche ai tappi in sughero usati dalle aziende SOStain. Vengono recuperati e acquistati da Amorim che provvede ad avviarli al riciclo. I tappi raccolti diventeranno oggetti di design. Parte della somma proveniente dalla vendita dei tappi sarà devoluta a una onlus siciliana.
Un altro progetto è destinato al sostegno dei più fragili. Insieme alla Fondazione Allianz Umanamente, la Fondazione sta lavorando a “EduSOStain”, un percorso di inclusione tra individui e famiglie appartenenti a contesti sociali vulnerabili che si basa sulla costruzione di una rete di cooperazione tra enti del terzo settore del territorio regionale. “In partnership con le cantine e con due organizzazioni non profit di Palermo, un gruppo di persone con disagio psichico e alcuni minori a rischio di emarginazione sociale saranno coinvolti in attività formative, finalizzate all’acquisizione di conoscenze e tecniche riguardanti l’agricoltura sostenibile”, ha spiegato Alberto Tasca.
Per le aziende, poi, si lavora a un progetto di marketing avanzato per selezionare e aggregare gli indicatori adatti per comunicare al meglio la Sicilia del vino sostenibile e a un approfondito studio economico per arrivare alla determinazione della redditività minima di un ettaro di vigneto coltivato in modo sostenibile.
Angela Sciortino