Il biologico sembra vivere un momento di grande attenzione da parte del legislatore italiano con l’avvio al completamento dell’iter legislativo al governo centrale per una legge in materia (vedi news) e per la nuova collaborazione tra CSQA e IGEA Srl per le certificazioni bio nel Mezzogiorno d’Italia.
A breve verrà istituito anche un tavolo tecnico al Mipaaf che comprenderà esperti e tecnici per individuare le criticità del settore. Intanto, sempre il governo ha emanato un bando per la ricerca sul biologico con risorse pari a 4,2 milioni di euro.
CSQA è il principale Organismo di Certificazione in Italia nel settore agricolo e alimentare con oltre 65 prodotti DOP, IGP, STG controllati e decine di migliaia di aziende certificate in ambito volontario. Sul fronte del Biologico, come Organismo di Controllo autorizzato dal MIPAAF con codice IT-BIO-021, si occupa dello sviluppo delle certificazioni relative all’Agricoltura Biologica, intesa sia come produzione primaria sia come trasformazione dei prodotti, nonché dei prodotti no-food che utilizzano ingredienti agricoli biologici e tecniche produttive che seguono i principi dell’agricoltura biologica.
È notizia recente di un nuovo e rinnovato partenariato tra organismi di settore nell’ottica di azioni strategiche condivise.
A tale riguardo, abbiamo interpellato Maurizio Agostino, Responsabile CSQUA, (nella foto) per il Sud Italia: “Siamo una società specializzata nell’agroalimentare da 26 anni, il nostro nucleo storico è nato con il biologico, ci interfacciamo con diversi organismi di certificazioni per le cinque regioni meridionali. Abbiamo ben chiara l’idea di un partenariato strategico e lo portiamo avanti per accorpare le certificazioni nell’agro-alimentate senza fare più distinzioni per il bio. A nostro modo di vedere le cose se una coltura è pronta per la commercializzazione, meglio ancora per la grande distribuzione sarebbe dispersivo e poco pragmatico azionare la macchina dei controlli e delle certificazioni in modo distinto, seguendo in modo alternato una volta l’iter previsto per la coltura in quanto agro-alimentare e l’atro perché bio. Uno spreco di tempo, mezzi e risorse che non fa bene a nessuno. La costituzione di un’unica sede per il Mezzogiorno d’Italia a Vibo Valentia in partnership con IGEA ci consentirà di intraprendere un lavoro di studio e analisi dei territori sempre nell’ottica delle grandi reti aziendali anche in vista dell’individuazione di brand identificativi di questa o quell’area come sta avvenendo nel Metapontino per la fragola”.
Insomma, una progettualità che sicuramente aiuterà il bio a sollevarsi da cordate di nicchia in cui fino ad ora era relegato e che, allo stesso tempo, si prospetta come una grande opportunità per le aziende agricole e agroalimentari. Finalmente, si va verso il marchio biologico italiano per garantire trasparenza e filiera.
Maria Ida Settembrino