Pari, Almaverde Bio: la filiera faccia fronte comune davanti ai rischi per l’embargo bielorusso

Paolo Pari

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Paolo Pari, direttore di Almaverde Bio, esprime profonda preoccupazione per le ricadute che l’embargo Bielorusso, in vigore dallo scorso primo gennaio e, per il momento, della durata di sei mesi, potrebbe avere sull’export italiano del Bio. Per il Big del Bio del Belpaese, in questa fase, la strada è quella del monitoraggio dei mercati e di consolidamento della posizione su quello nazionale.

– Come impatterà l’embargo bielorusso sull’export del Bio italiano?
“Quando si chiude un mercato importante – precisa Pari -, inevitabilmente la produzione che vi era diretta, si rivolge verso altre piazze che erano in equilibrio, come quella europea, con la conseguenza inevitabile di alterarne le dinamiche”.

– Per Almaverde Bio, uno dei principali esportatori di Bio Italiani, la Bielorussia era un mercato importante?
“In realtà, attualmente, non esportiamo nulla verso quella destinazione. Il problema si rifletterà, però, sul mercato europeo, in cui si riverseranno, come è già successo con l’embargo russo, i prodotti Bio che prima andavano in quel Paese”.

Secondo Freshfel, l’associazione dei produttori ortofrutticoli europei, solo in termini di prodotti freschi, il principale esportatore verso la Bielorussia è la Polonia con 300mila tonnellate l’anno.  Ma ci sono anche Spagna, Belgio, Grecia, anche se con quantità minori.  Poniamo il caso che almeno il 10% di questi volumi sul Bio significa che sul mercato europeo, si riverseranno circa 50 mila tonnellate di ortofrutta certificata in più.
– Come pensate di fronteggiare questa situazione?
“La situazione dell’export Bio è delicata. Noi, come Almaverde Bio esportiamo circa il 40% della nostra produzione. Consideravamo il 2022 come un anno determinante per il riequilibrio del mercato di export, attualmente altalenante. Se è difficile dare una lettura del periodo pandemico 2020-2021 da cui che ci ha lasciato in eredità alcune nuove mutate abitudini di acquisto…”

– Quali?

“Non ci sono più, ad esempio, gli acquisti di impulso e aumentano quelli mirati a causa della riduzione del potere di acquisto delle famiglie. Se, dunque, è difficile leggere quel periodo e capire cosa rimane e cosa cambia nelle abitudini del consumatore di questa categoria, proprio da un paio d’anni nella GDO italiana, che è il principale canale di vendita del Bio, stiamo assistendo ad una progressiva riduzione dell’assortimento a favore di una maggiore attenzione verso prodotti di massa, le cosiddette commodity o, per essere più precisi, verso quelli da primo prezzo. Adesso stava ricominciando a salire l’attenzione dei buyer verso il Bio dacché negli ultimi mesi abbiamo registrato un leggero incremento del settore e Almaverde Bio ha chiuso il 2021 in segno positivo. va da sé che la chiusura del mercato Bielorusso arriva un po’ tra capo e collo”.

– Come evolverà il mercato europeo se oltre alle dinamiche che deriveranno dall’aumento del Bio per le strategie del Green Deal, si aggiungeranno anche prodotti ulteriori?
“Servirà un’adeguata programmazione”.

– In che modo?
“Attraverso un tavolo dove si siedano tutti i player della filiera, da monte a valle, inclusa la distribuzione”.

– Sta chiamando in causa l’Interprofessione che in Italia è stata sempre bistrattata?
“Questo non lo so. La chiami come vuole l’importante è che questi player parlino tra di loro. L’embargo bielorusso non va guardato con leggerezza ed è fonte di estrema preoccupazione”.

– Quindi?
“Il rischio di una riduzione dei prezzi è dietro l’angolo. Ma ridurre i prezzi non deve significare svalorizzare un prodotto e men che meno vanificare i controlli sull’applicazione dei disciplinari”.

– State prendendo in considerazione l’idea di orientare l’export verso Paesi terzi?
“Attualmente stiamo facendo dei test con il kiwi Bio nei mercati del Far East e negli Emirati. Ma siamo ancora all’inizio”.

Mariangela Latella 

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