Intervista al direttore di Almaverde Bio Paolo Pari sulle tendenze del mercato.
Quale è l’andamento attuale di Almaverde Bio? Possiamo fare un bilancio finale dell’anno che va a concludersi?
“Ad oggi è ancora presto per dare un giudizio definitivo, per ora però i risultati sono positivi. Nel primo semestre dell’anno il valore al consumo dei prodotti Almaverde Bio ha realizzato un incremento del 16% rispetto al 2014 per un totale di oltre 35 milioni di euro. Con questi presupposti non è impossibile pensare di arrivare a superare i 70 milioni entro fine anno. In termini di canali distributivi al momento per noi il più rappresentativo è quello della Grande Distribuzione, da cui transita circa il 70% del venduto, ma una quota molto consistente è assorbita anche da grossisti e rivenditori per il canale Horeca.
Infine, non è da sottovalutare l’importanza dei negozi specializzati. Circa l’andamento delle vendite, il prodotto a marchio Almaverde Bio segue sostanzialmente la tendenza generale del comparto del biologico in Italia.
Si tratta quindi di un trend di crescita in cui la categoria di frutta e verdura è quella che detiene la quota più elevata di venduto.
Molto bene anche le vendite relative ai prodotti classici ma la vera sorpresa dell’ultimo anno è la gamma di alimenti a proteine vegetali che sta avendo un enorme successo”.
I prodotti più performanti sono quelli appartenenti alla categoria del “secco” mentre per frutta e verdura, sebbene si osservi una continua crescita, le percentuali sono più contenute. Mi sta dicendo che per Almaverde Bio questo non è necessariamente vero?
“Per quel che ci riguarda l’ortofrutta fresca cresce a 2 cifre: i dati sono in aumento coerentemente alla crescita registrata per l’intero comparto.
Nel nostro caso, infatti, è evidente che frutta e verdura sono i prodotti più diffusi all’interno dei diversi canali distributivi (GDO, negozi tradizionali, rivendite specializzate) e questo contribuisce a creare tale situazione.
Molto dipende inoltre dalle politiche di vendita che vengono adottate in termini di profondità e ampiezza di gamma. La disponibilità del prodotto sul mercato è fondamentale. In generale, tuttavia, è un dato di fatto che ad oggi la normativa non agevola la vendita di prodotti ortofrutticoli bio sfusi in punti vendita non interamente specializzati. Questo è sicuramente un ostacolo allo sviluppo della categoria; bisognerebbe dunque lavorare in questa direzione”.
Secondo lei la crescita del bio è destinata a continuare?
“In Italia c’è un forte potenziale inespresso del biologico, basti pensare che una famiglia su due dichiara di acquistare prodotti bio mentre la penetrazione sui prodotti alimentari a livello nazionale è di appena il 3%. Inoltre ad oggi la reperibilità di un prodotto biologico è ancora scarsa se si parla di consumi extra domestici (intendo nella ristorazione commerciale).
Dunque considerando la possibilità di consumo delle famiglie e ciò che viene effettivamente espresso, il gap è enorme. E va colmato. Chiaramente non tutti vorranno consumare biologico, per i motivi più disparati, ma se non viene tradita la fiducia dei consumatori, se si continuerà a lavorare sulla qualità e l’innovazione di prodotto, e se a livello normativo si snelliranno un po’ le regole, senza togliere le garanzie al consumatore, sicuramente il biologico non potrà che continuare a crescere”.
Chiara Brandi