Paolo Pari alla senatrice Cattaneo: “Ha mai mangiato un’albicocca biodimanica? Provi”

PAOLO PARI

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Il direttore di Almaverde Bio, Paolo Pari, ha rilasciato una significativa intervista che entra nel vivo dell’attuale dibattito sul biodinamico. Eccola qui di seguito.

– Canova, che produce l’ortofrutta a marchio Almaverde Bio ed è parte del Gruppo Apofruit, ha lanciato il biodinamico certificato Verdèa. Una scelta pionieristica, che ha smosso le acque tra i produttori di ortofrutta che guardano con interesse al biologico. Al di là delle polemiche, cosa significa produrre biodinamico?
“Premetto: sono un agronomo (laureato con 110 e lode all’Università di Bologna tanti anni fa) e ho iniziato la mia attività nel settore frutticolo come tecnico di lotta biologica. Il biologico è nel mio DNA  come metodo di difesa delle piante dalle malattie ma anche come schema di produzione certificata che tenga conto a 360° di tutti gli aspetti che concorrono ad ottenere un raccolto o un allevamento o un trasformato (vino, olio, pomodoro). Il biologico possiede una visione agronomica non produttivistica o meglio produttivistica sì ma nel rispetto di ritmi e regole dettate da un equilibrio naturale da salvaguardare il più possibile. Il biodinamico è una segmentazione della produzione biologica che mette al centro dell’attività una visione olistica della produzione in cui il terreno e la sua fertilità sono il cuore della produzione. Il terreno e la sua fertilità rappresentano una sorta di microbiota (oggi tanto descritto nella medicina umana) e il microbiota  agricolo deve essere in uno stato perfetto di fertilità, ricchezza di micro-elementi, presenza di microorganismi utili alla salute delle piante che vi trovano dimora. Steiner, l’ispiratore della biodinamica, diceva che l’azienda agricola dovrebbe tendere verso una produzione autosufficiente; l’ideale sarebbe appunto tendere verso quella circolarità nella produzione che prevede la presenza di fonti di sostanza organica diretta, le rotazioni con colture ricche di minerali azotati e tanto altro. Non è ovviamente possibile in frutticoltura ritornare all’azienda autosufficiente dei primi del ‘900 ma trovo molto attuale, oggi che parliamo sempre di sostenibilità ed economia circolare, riprendere questi princìpi di circolarità e attualizzarli con competenza scientifica”.

– I detrattori del biodinamico e del biologico dicono che con questi metodi perderemo la sovranità alimentare. Cosa ne pensa?
“Con il cibo non si scherza né si può considerare come un semplice prodotto industriale. Il cibo ha un tale legame con l’ambiente, la natura e l’uomo che va trattato con doveroso rigore. Il biologico e il biodinamico possiedono questo rigore. Si dice infatti produrre meno ma produrre meglio perché indubbiamente la quantità prodotta con questi metodi è inferiore a quella convenzionale, per ora. Dico per ora perché nella produzione convenzionale di frutta, per esempio, stiamo assistendo ad una progressiva difficoltà a realizzare le rese produttive attese. È evidente che la produzione non è direttamente proporzionale ai mezzi tecnici immessi. Ad un certo punto l’ambiente crea un freno. Il terreno perde di fertilità, ci sono attacchi sempre più pesanti di patogeni che riducono la produzione, ci sono i cambiamenti climatici e qui la ricerca scientifica deve dare risposte e trovare adeguate soluzioni”.

– Ma si percepisce la differenza tra prodotto biodinamico e no?
“Mi piace parlare di biodinamico guardandolo dalla parte dei prodotti e delle piante che li producono. Avete mai mangiato un’albicocca biodinamica? Provate. Avete mai visto un frutteto biodinamico? È un’esperienza molto interessante. Prendo ad esempio un impianto di pere biodinamico che coltiva il presidente di Canova. Le piante sono molto vigorose, vegetano molto bene, i frutti sono molto dolci, aromatici. Non ci sono attacchi di patogeni se non nei limiti controllabili con le tecniche del biologico. Il terreno biodinamico rende le piante più resistenti alle malattie, più in salute, più vigorose e il vigore delle piante, checché se ne dica, è importante per ottenere un ottimo raccolto. Intendo ottimo dal punto di vista qualitativo e poi quantitativo”.

– Il biodinamico viene definito dalla senatrice Cattaneo come una pratica esoterica, priva di qualsiasi realistica connessione con la scienza, cosa ne pensa?
“Ha fatto bene il direttore generale di Apofruit Ernesto Fornari ad invitare la senatrice Cattaneo a visitare una delle nostre aziende biodinamiche (vedi news). Parlare di esoterismo per il biodinamico e di pratiche prive di qualsiasi evidenza scientifica è riduttivo e non tiene conto dei dati di fatto. Lo standard di produzione biodinamica Verdea, se applicato bene, produce in ogni azienda sostanzialmente gli stessi risultati e quindi non è un fatto casuale. Le pratiche esoteriche di cui parla la senatrice Cattaneo non sono previste né tantomeno menzionate nei disciplinari biodinamici. Nelle aziende biodinamiche si usano, come da disciplinare i preparati biodinamici che non sono altro che una sorta di attivatori della vitalità del terreno. E vengono preparati, appunto, con procedimenti ben definiti”.

“Le fasi lunari – conclude il direttore Paolo Pari – che tanto fanno indignare i detrattori della biodinamica sono un’attenzione ai ritmi della terra e dell’influsso innegabile del ritmo planetario sulla vita e quindi anche sulla produzione. Io vorrei che la scienza, senza pregiudizio, analizzasse questi processi e offrisse risposte alla produzione ortofrutticola italiana che deve puntare alla differenziazione, alla qualità, alla sostenibilità e alla salute”.

 Alessandra Ravaioli

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