Gli ultimi sviluppi a Bruxelles in tema di PAC preoccupano non poco il settore del biologico europeo.
A lanciare l’allarme, la Coalizione Cambiamo Agricoltura, un’organizzazione agro-ambientalista europea in Italia rappresentata da Associazione Medici per l’ambiente, Aiab, Associazione agricoltura biodinamica, FAI, Federbio, Legambiente, Lipu, Pronatura e Wwf.
La denuncia è chiara: “Il Parlamento europeo rischia di fermare il processo del Green Deal e i suoi obiettivi a causa di un accordo preso tra le maggiori forze politiche del Parlamento UE – Partito Popolare Europeo (PPE), i Socialisti e Democratici (S&D) e Renew Europe – sulla riforma della PAC. Un agreement in palese contrasto con le Strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 oltre che una resa incondizionata alle grandi lobby dell’agricoltura avvelenata”.
Tra le proposte più dannose concordate – secondo la Coalizione – c’è quella di non concedere spazio reale alla natura nelle aziende agricole e di fissare l’obiettivo di almeno il 10% aree per la tutela della biodiversità, attraverso la creazione di stagni, siepi e piccole zone umide, come prevede la Strategia UE Biodiversità 2030. L’accordo adottato dai partiti, infatti, permetterebbe di continuare a drenare le torbiere, una fonte massiccia di carbonio responsabile del 25% di tutte le emissioni di gas serra agricole dell’UE e il 5% di tutte le emissioni di gas serra in Europa. Inoltre, con l’accordo si vorrebbe rimuovere il divieto di arare e convertire i prati permanenti nei siti Natura 2000, che sono aree protette ai sensi delle direttive comunitarie.
Un pericolo, percepito anche dal presidente di IFOAM (organizzazione UE per l’alimentazione e l’agricoltura biologica), Jan Plagge, che ha tentato in extremis di porre rimedio con una lettera aperta all’Europarlamento, inviata prima del voto in sessione plenaria di oggi, martedì 20 ottobre.
“Il movimento biologico – si legge nella missiva – sostiene pienamente gli obiettivi delle strategie Farm to Fork e Biodiversity per ridurre l’uso di pesticidi, fertilizzanti e antibiotici in agricoltura e raggiungere il 25% dei terreni agricoli dell’UE in agricoltura biologica entro il 2030″. In tal senso, secondo Plagge, la PAC è una politica pubblica cruciale, con indicazioni precise all’interno del regolamento (ad esempio negli articoli 6, 92, 97 e nell’Allegato XI) e dovrebbe portare gli Stati membri e le parti interessate di fare pieno uso di un movimento consolidato e dinamico per rendere trasparente ed efficace la transizione verso sistemi alimentari sostenibile.
È evidente che tale transizione non può essere a carico dei soli consumatori: “I piani strategici devono sostenere questi obiettivi a favore di una agricoltura biologica e agro-ecologica attraverso entrambi i pilastri della PAC. La conversione e i pagamenti di mantenimento giocano un ruolo cruciale per rendere questo approccio del sistema biologico competitivo per gli agricoltori”.
“Gli agricoltori biologici – conclude Plagge – temono che la flessibilità concessa agli Stati membri nell’attuale progetto di regolamento conduca a ridimensionare gli obiettivi intermedi di conversione al bio. Per garantire una certa omogeneità di approccio, tutti gli Stati membri dovrebbero essere obbligati a includere nei loro piani strategici della PAC un’analisi delle esigenze del settore e del potenziale di ulteriore sviluppo attraverso il sostegno politico (ENVI articolo 13 A), al fianco dell’obiettivo nazionale per aumentare la quota di terreno agricolo in gestione biologica”.
La questione è seria e delicata, speriamo che dopo il voto di oggi l’allarme rientri, per non dover parlare dell’ennesima opportunità persa per il settore.
Chiara Brandi