Olio EVO e vino trainano il bio italiano in Giappone

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La popolazione del Giappone è oggi il doppio dell’Italia. Il Giappone importa annualmente in media circa il 60% del fabbisogno alimentare. Nella programmazione televisiva il food ha lo stesso share di importanza dello sport.

I prodotti bio mostrano un trend di crescita nel gradimento dei consumatori, ma anche da parte dei principali importatori. È significativo che il gruppo Jetlc di Thierry Cohen, una delle trading a Tokyo di spicco per vino e food importati dell’Europa, abbia dichiarato dal Duemila di voler puntare tutto sui prodotti bio.

Il target del consumatore tipo di alimenti bio è una donna che lavora ed è single tra i 25 anni e i 45, che non ha figli, molto informata sulla qualità del cibo e della cucina italiana. Dieta mediterranea, con pasta, vino, olio di oliva, verdure importate fresche sono i prodotti più richiesti. Non i formaggi, dove solo parmigiano reggiano, grana padano e mascarpone hanno trovato una domanda certa. I giapponesi consumano mozzarella, ma dato che questa non è stata sciaguratamente protetta dai nostri governi a livello UE, acquistano mozzarelle made in Japan o made in USA o made in Baviera o made in Polonia, perfino formaggini fusi “Mozzarella” di Meiji con scatola tricolore che con la mozzarella vera non hanno alcuna parentela.

Latte e latticini rientrano ancora tra i prodotti nipponici che godono di protezione alla concorrenza estera, insieme a riso, zucchero, farine e carni. Per quanto riguarda salumi e insaccati l’Italia aveva conquistato la prima posizione nelle catene di grande distribuzione e nei ristoranti. Fino al recente scoppio della peste suina. E la Spagna ne ha approfittato ora per sostituire completamente le ditte italiane che sono sparite dai punti vendita nel 2023. Un danno enorme e molto difficile da recuperare, anche per i prezzi più convenienti delle alternative.

Negli ultimi 30 anni le abitudini alimentari dei giapponesi sono rapidamente mutate e di conseguenza le importazioni. Da una decina di anni è divenuta operativa l’intesa EPA – Economic Partnership Association fra UE e Giappone.

Dato che il Giappone conta solo circa 300 produttori di vino e poche decine di produttori di olio di oliva, non ha ritenuto opportuno introdurre dazi all’import di questi due prodotti. Vino bio e olio EVO bio italiani hanno segnato di conseguenza un costante trend positivo di aumento delle vendite, in termini di quantità e di prezzo. Una tendenza che non mostra cedimenti, malgrado gli anni della pandemia Covid e la scomparsa di molti dei 10 mila ristoranti con bandierina tricolore. Si tenga conto che solo a Kyoto, città turistica di un milione e mezzo di abitanti, ci sono più di 600 ristoranti di cucina italiana.

Un netto aumento dopo il 2020, anno del Covid, è stato registrato negli acquisti di vino e olio EVO, anche dei bio, tramite e-commerce, con Amazon Japan, Rakuten, Japanet, a guidare una percentuale di acquisto via internet che ormai sembra stabilizzata sul 30% del totale per questi prodotti. Questo è determinato dal fatto che tutte le donne lavorano, magari a part time, hanno poco tempo per andare ai negozi. E il tasso di disoccupazione è poco oltre il 3 %, le famiglie godono di un potere d’acquisto elevato anche per la tassa sui consumi alimentari ferma all’8%.

Luciano Gianfilippi
da Osaka

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