Quando si parla di packaging sostenibili bisogna tenere in considerazione il percepito del consumatore, le performance del materiale scelto, la macchinabilità dell’imballaggio e la sua compatibilità alimentare. In questo senso, l’impegno di tutta la filiera del biologico è importante, ed è necessaria tanta ricerca per arrivare a soluzioni nuove e migliorative.
Nicoletta Maffini, direttore generale di Conapi e vice presidente di AssoBio, è partita da questo presupposto nell’introdurre il convegno “Confezionamento e packaging: il ruolo della sostenibilità alla luce dei nuovi scenari evolutivi tra crisi del mercato delle materie prime e il conflitto ucraino”, organizzato giorni scorsi al SANA di Bologna.
Un tema attenzionato già da tempo dal settore e dai consumatori del bio – in particolare da quelli più giovani -, oggi attuale più che mai a causa del contesto internazionale nel quale ci stiamo muovendo.
L’Osservatorio Packaging di Nomisma
Tuttavia, nello studio condotto da Nomisma “Food: Packaging&Bio – Indagine sul packaging sostenibile”, presentato dalla project manager Market Intelligence Valentina Quaglietti durante l’incontro, il packaging sostenibile rappresenta un aspetto fondamentale di coerenza, una sorta di prerequisito imprescindibile della referenza bio (dall’indagine emerge che 1 consumatore su 5 ha rinunciato all’acquisto di un prodotto bio perché “proposto in confezione non abbastanza sostenibile”). Il 75% dei frequent consumer Bio, infatti, ritiene le caratteristiche del packaging molto importanti e, in particolare, fa riferimento al tipo di materiali, alla loro riciclabilità, alla compostabilità o alla possibilità di riutilizzarli in altre occasioni.
Il 18% degli intervistati, inoltre, imputa alle caratteristiche del packaging il livello di sostenibilità di un prodotto alimentare. In particolare, di questi, il 45% lo vorrebbe realizzato con materiali sostenibili, per il 19% deve essere leggero e senza eccessi mentre per il 15% deve essere plastic free.
Altra evidenza emersa dallo studio è relativa alla disponibilità di spesa. Il 50% dei frequent user Bio si è dichiarato disposto a pagare fino al 5% in più per un prodotto con imballaggio sostenibile e il 27% di loro anche un prezzo maggiore al 5%. Attenzione però, per il 22% del campione il packaging sostenibile è conditio sine qua non, per il quale non è disposto a pagare nessun sovrapprezzo.
Il commento degli stakeholder
Quello tracciato dall’Osservatorio Nomisma rappresenta un quadro dalle ampie opportunità di innovazione, crescita e sviluppo per le pioniere del bio, che – come sottolineato da Marco Sartori del board di Alce Nero – “devono continuare a fare, come hanno sempre fatto, Cultura del bio”, soprattutto nell’ottica di “soddisfare i desiderata del consumatore gestendo al meglio applicabilità e percepito”, ha aggiunto Valentina Pizzi, direttrice Marketing e CFO di Pizzi Osvaldo &C. Un pensiero maturato nella consapevolezza che le nuove generazioni hanno alzato ulteriormente l’asticella, andando oltre al bio e “abbracciando valori quali il benessere, la sana nutrizione e la sostenibilità ambientale e del packaging”, come ha concluso Janluca De Waijer, direttore generale di Fattoria Scaldasole.
Chiara Brandi