Era il 25 luglio del 2018 quando la Corte di Giustizia europea stabilì che tutti i prodotti derivati da nuove tecniche di ingegneria genetica sono OGM e, pertanto, devono essere regolamentati come tali. Da allora, l’industria biotecnologica ha preso di mira questi regolamenti con lo scopo di persuadere l’UE a consentire la commercializzazione di piante e animali modificati con il genoma senza alcuna limitazione in termini di controlli di sicurezza, monitoraggio o etichettatura. A fine aprile la Commissione UE sarà chiamata a presentare la sua posizione definitiva rispetto questa questione, e i diversi portatori di interessi – lobbisti, associazioni di produttori e ambientalisti in primis – stanno già affilando le armi.
A meno di un mese dall’esito, il dietro le quinte a Bruxelles viene raccontato in un dossier di Corporate Europe Observatory (CEO), l’ONG che monitora le azioni di lobbying a livello europeo, che mette a fuoco alcune nuove tattiche impiegate da questi attori per modificare le politiche dell’Unione europea.
Scrive CEO basandosi sull’analisi di decine di documenti ottenuti tramite lo strumento del Freedom of Information che registrano i movimenti dei lobbisti: “L’industria biotech vuole la deregulation dei nuovi OGM e per farlo sono principalmente tre strategie adottate”.
In prima battuta si sono fatti scudo di cosiddetti think tank compiacenti: durante gli incontri organizzati dall’European Plant Science Organization (EPSO) si è parlato di come rivedere le regole UE e di quali esempi proporre per convincere i politici.
Al contempo – rivela ancora CEO – si è cercato di sfruttare l’onda verde del Green Deal per promuovere i nuovi OGM grazie al lavoro di una task force dominata da personaggi vicini a Bayer, BASF e al governo USA, creata in seno allo think tank Re-Imagine Europa, con l’obiettivo di inoculare posizioni a favore dei nuovi OGM e della tecnologia CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, cioè il taglia-e-cuci genetico) nelle narrative sul clima.
Infine il Flanders Institute for Biotechnology ha pubblicato una lettera sulla piattaforma EU-SAGE a favore del cambio della regolamentazione, sottoscritta da 129 istituti di ricerca. Peccato che CEO asserisca in proposito: “Il più delle volte è un singolo ricercatore e non l’istituzione ad aver firmato. In altri casi, chi firma non appartiene nemmeno a un istituto di ricerca”.
Al contrario sono stati realmente 162 i soggetti firmatari della lettera inviata nei giorni precedenti alla Pasqua al vicepresidente della Commissione Frans Timmermans per chiedere la tutela di tutti gli organismi derivati da nuove tecniche di ingegneria genetica attraverso gli standard UE sugli OGM esistenti nel rispetto del principio di precauzione e di salvaguardia oltre che del diritto di produttori e consumatori di scegliere ciò che piantano e mangiano.
“Non ci sono ragioni scientifiche o legali per esentare le nuove tecniche genomiche dalla valutazione del rischio, dalla tracciabilità e dall’etichettatura. L’uso di tecnologie di ingegneria genetica su piante e animali, e il loro rilascio nell’ambiente e nella catena alimentare, può avere impatti di vasta portata e deve rimanere regolamentato”, ha affermato in un comunicato stampa Eric Gall, responsabile delle politiche per IFOAM Organics Europe. “La trasparenza sul loro utilizzo – ha aggiunto Gall – dovrebbe continuare ad essere applicata lungo tutta la catena di produzione alimentare. L’indebolimento della regolamentazione di queste potenti tecnologie sarebbe in contraddizione con gli obiettivi del Green Deal dell’UE e delle strategie Farm to Fork e Biodiversità”.
Secondo i firmatari della lettera alla Commissione, le pubblicazioni scientifiche mostrano che le nuove tecniche di modificazione genetica consentono agli sviluppatori di apportare cambiamenti genetici significativi, che possono essere molto diversi da quelli che avvengono in natura. Inoltre, possono causare una serie di modificazioni genetiche indesiderate e provocare la produzione di nuove tossine o allergeni, o ancora il trasferimento di geni di resistenza agli antibiotici, o in tratti che potrebbero aumentare la sicurezza alimentare, l’ambiente o il benessere degli animali.
Insomma a pochi giorni dalla sentenza definitiva il tema diventa sempre più caldo, la speranza è che si trovi una soluzione equa, sostenibile e in grado di tutelare tutti i cittadini europei, consapevoli che l’esclusione in toto delle new breeding techniques dalla direttiva UE sugli OGM “comprometterebbe l’obiettivo di tutela perseguito dalla direttiva e non rispetterebbe il principio di precauzione che si cerca di attuare”. (c.b)