NaturaSì: per ridurre i gas serra servono più campi bio

Fausto Jori ok

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Per far fronte alla crisi climatica, oltre a piantare mille miliardi di alberi (vedi news), nei prossimi anni occorrerà ristabilire la salute dei suoli. Per la FAO, “un suolo sano immagazzina più carbonio di quello stoccato nell’atmosfera e nella vegetazione assieme”. Oggi invece, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) il settore agricolo, invece di assorbire carbonio, produce il 10% di emissioni di gas serra in Europa. Per far fronte alla crisi climatica, ricorda l’istituzione scientifica europea, bisogna invertire questa tendenza: “È necessario un aumento del sequestro di carbonio nel settore agricolo” e questo è realizzabile incrementando la percentuale di humus nei suoli coltivati e con precisi piani di riforestazione. La EEA stabilisce che “le pratiche di agricoltura biologica generano un alto livello di sostanza organica nel suolo e questo facilita le capacità di conservazione dell’acqua e accresce la resilienza contro siccità e alluvioni”.

“L’agricoltura biologica e biodinamica è quindi una delle soluzioni da mettere in campo nel più breve tempo possibile per arginare la escalation di gas serra e raggiungere il target di zero emissioni al 2050”, ha dichiarato Fausto Jori, amministratore delegato di NaturaSì.

Nell’ecosistema NaturaSì, per le 300 aziende agricole con cui l’azienda lavora in modo stabile, l’obiettivo è già quello di aumentare al massimo la quantità di sostanza organica nei suoli favorendo così l’accumulo di humus e quindi la capacità di assorbimento dei gas serra. Dal censimento annuale tra i produttori agricoli fornitori di NaturaSì emerge che due aziende su tre adottano pratiche specificamente volte ad aumentare la capacità di assorbimento del carbonio nel suolo: uso di compost, sovesci plurispecie, compostaggio superficiale, inerbimenti, pacciamatura verde. Si tratta di sistemi che evitano il ricorso ai fertilizzanti chimici di sintesi e a diserbanti dannosi per l’ambiente e la salute umana, i quali chiedono energia e causano a loro volta emissioni di CO2 per essere prodotti.

“Abbiamo raccolto dai nostri agricoltori tutte le pratiche che stanno mettendo in atto in favore di clima, oltre che di salute”, ha spiegato Jori. “Quello che emerge è la fotografia di una comunità che investe sulla difesa del clima, oltre che sulla salvaguardia dei campi e della salute dei cittadini. La maggior parte delle aziende adotta pratiche agricole costose in termini economici e di lavoro ma che generano impatto positivo. Gli agricoltori che scelgono questa strada lo fanno per salvaguardare la qualità del prodotto ma anche per ‘pesare’ meno sul Pianeta, anzi per contribuire a quello che dovrebbe essere lo sforzo comune maggiore delle nostre società: mettere in atto pratiche che non solo evitino la formazione di gas serra ma anche aumentino la capacità di assorbirli. È il caso della conservazione delle foreste e della messa a dimora di nuovi alberi nelle aziende agricole, ma anche, e forse soprattutto, dell’aumento di capacità di assorbimento di carbonio nei suoli agricoli e non.”

Sempre secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, le emissioni del sistema agricolo possono essere ridotte con pratiche di mitigazione, ma anche attraverso il sequestro delle emissioni di carbonio. Di fatto, l’agricoltura biologica stocca nei suoi suoli mediamente tra il 2 e il 3% di sostanza organica composta anche di carbonio. Nei terreni convenzionali questa quantità scende ben al di sotto del 2%, secondo i dati forniti da Ispra: in zone come la Pianura Padana, crolla all’1%, a livelli pre-desertificazione.

E ci sono punte di eccezionale valore nella capacità di assorbimento agricolo dei gas serra. Nel 2020 NaturaSì assieme a Soil and More, un’organizzazione tedesca da anni impegnata nella determinazione degli impatti dell’agricoltura su ambiente e salute, ha condotto uno studio su alcune aziende del proprio ecosistema. Nell’azienda agricola biodinamica San Michele di Cortellazzo (Venezia) si è calcolato che la quantità di carbonio contenuta in un ettaro di terreno è aumentata mediamente di 2,2 tonnellate in un solo anno, dal 2019 al 2020; la CO2 che viene sottratta dall’atmosfera e incorporata nel suolo supera complessivamente le 8 tonnellate l’anno per ognuno degli ettari coltivati.

“Un risultato eccezionale – ha commentato Jori – dovuto anche al fatto che l’azienda è passata alla coltivazione biodinamica 6 anni fa, e ha quindi un grande potenziale di crescita. Ma si tratta di un indicatore di quello che si potrebbe fare, in termini di contrasto alla crisi climatica, convertendo le pratiche agricole basate sull’agricoltura di tipo industriale e sulla chimica di sintesi, verso un’agricoltura maggiormente rispettosa dell’ambiente e delle persone”.

*I dati citati in questo comunicato sono stati estratti dai rapporti “State ok knowlegge of Soil biodiversity”, FAO 2020; “Climate Change Adaptation in the agricolture sector in Europe”; EEA 2019.

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