Il bio-distretto è un’area vocata al biologico in cui produttori, cittadini, operatori turistici e pubbliche amministrazioni collaborano insieme per la gestione sostenibile delle risorse. Sono tra le realtà più efficienti del nostro Paese con un perfetto equilibrio tra sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Considerati veri e propri motori per lo sviluppo, oggi il tema dei bio-distretti è di grande attualità. Ne abbiamo parlato con Federbio.
– Quanti bio-distretti ci sono in Italia?
“Nella recente pubblicazione tematica “Distretti biologici e sviluppo locale. Linee guida per la programmazione 2021-2027”, a cura della Rete Rurale Nazionale – ci rispondono dalla Federazione Italiana Agricoltura Bio e Biodinamica -, sono stati rilevati 40 bio-distretti (32 già operativi + 8 in costituzione, fonte di IN.N.E.R). Nell’ultima edizione del Bioreport si evidenzia che il loro numero è in costante aumento, trainato dalle aspettative per la programmazione 2021-2027 e dagli interventi legislativi già in essere o attesi: un censimento dei soli bio-distretti già costituiti, basato sulle notizie provenienti dal territorio, porta il loro numero a 34 (novembre 2019)”.
– Cosa significa per il territorio ottenere questo riconoscimento e quali sono i vantaggi per i produttori all’interno del bio-distretto?
“I distretti biologici sono un modello innovativo di sviluppo rurale sostenibile che, partendo dal basso, vede nei produttori i soggetti protagonisti di una progettualità territoriale basata sulla creazione di reti di aziende biologiche. L’istituzione dei distretti in aree in cui le produzioni biologiche sono prevalenti, rappresenta un’opportunità di sviluppo socio-economico e di marketing territoriale e quindi di valorizzazione e di promozione delle filiere biologiche locali a vantaggio della competitività e della redditività delle imprese di settore.
– Con l’approvazione della legge sul bio verranno legiferati i bio-distretti. Cosa combierà?
“L’inserimento dell’articolo 13 sui distretti biologici nel disegno di legge “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico”, approvato pochi giorni fa all’unanimità in Commissione Agricoltura al Senato (vedi news) rappresenta un riconoscimento formale importante dando così il giusto valore ai tanti operatori, amministratori locali e cittadini coinvolti nei distretti biologici italiani. Il riconoscimento per legge dei bio-distretti va a riempire un vuoto normativo a livello centrale che dà dignità a tutte quelle esperienze territoriali che, seppur virtuose, in alcuni casi possono rivelarsi inconsistenti se prive di un inquadramento nazionale in grado di validarle e valorizzarle adeguatamente”.
– Infine, perché è importante per l’Italia sostenerne lo sviluppo?
“L’istituzione di distretti biologici – chiosano da Federbio – dovrebbe essere incoraggiata dal governo e dalle autorità regionali. I bio-distretti sono uno strumento di governance territoriale che si basa su un approccio integrato allo sviluppo sostenibile in cui le autorità locali svolgono un ruolo strategico. I distretti biologici hanno un impatto positivo in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale sui territori rurali, anche in quelle aree in cui l’agricoltura convenzionale si è rivelata ‘insostenibile’ in termini di esternalità negative. Con il bio-distretto vengono messe in rete l’insieme delle risorse del territorio dalle risorse agricole e artigianali a quelle naturali e culturali, partendo dalla ricostruzione delle relazioni sociali tra tutti gli attori delle comunità locali che rappresenta uno dei valori fondamentali dei bio-distretti. Infatti, anche se l’esigenza del bio-distretto nasce di solito dagli agricoltori biologici per la naturale vocazione al rapporto con il cittadino, alla vendita diretta e alla creazione dei mercati locali, coinvolge immediatamente molti altri soggetti e organizzazioni a livello locale a partire dalle pubbliche amministrazioni e le scuole che, attraverso l’approvvigionamento delle mense pubbliche, costituiscono un punto di lavoro fondamentale per educare i ragazzi e i cittadini in generale verso nuove abitudini alimentari. Per molti territori nel nostro Paese la conversione al biologico diventa quindi auspicabile per esigenze di salute e di produzione di cibo sano e rappresenta una fondamentale opportunità in chiave competitiva per il territorio nel suo complesso e per le aziende che ne fanno parte per raggiungere un pieno sviluppo delle proprie potenzialità economiche, sociali e culturali”.
Chiara Brandi