Ha iniziato quasi per gioco. Prima in un ristorante sotto casa come ragazzino tutto fare, spinto dalla madre a cercarsi un lavoro per non restare in strada durante le vacanze estive. Ad Emanuele Natalizio, fin da piccolo affascinato dall’ambiente della ristorazione, è piaciuto tanto che ha continuato: ogni giorno, terminata la scuola, si presentava per aiutare a sistemare la sala, ma anche per dare una mano in cucina imparando tante cose del mestiere. A quattordici anni, finite le medie, è andato in un altro ristorante chiedendo se avessero bisogno di un aiuto cuoco o cameriere.
“Oggi è il mio ristorante, qui ho cominciato nell’89. È durato tutto il tempo della scuola media e superiore. Studiavo e lavoravo, facendo tesoro di consigli e tecniche di chi ne sapeva più di me. Mia mamma non voleva che facessi il cuoco, quindi sapeva che ero iscritto a ragioneria e invece andavo all’alberghiero”.
In seguito, le vicende personali lo hanno portato in giro per l’Italia: Verbania, Novara, Torino dove per sette anni ha fatto lo chef in una catena gestita da un pugliese. Nel 2006, tornato a Bitonto, il ristorante dove aveva lavorato fino al ’99 era chiuso. Così ha cominciato a concretizzarsi un sogno. Emanuele lo ha rilevato ed è nato “Il Patriarca”, uno dei pochi ristoranti in Italia dove il menu viene costruito partendo dagli extravergini di grande qualità. Proprio qui, in Puglia, regina della produzione olivicola italiana. La determinazione è il leitmotiv che ha scandito una strada in salita, fino a portarlo ad essere conosciuto come lo chef dell’olio. “Sacrifici, sudore, abnegazione sono all’ordine del giorno per chi decide di passare la propria vita ai fornelli”.
E la contropartita a tutto questo sforzo?
Soddisfazione, piacere, emozioni sono le ricompense di chi decide di farlo con passione. Oggi si va al ristorante non tanto per sfamarsi quanto per regalarsi un piacere. Ma un cuoco non deve ricorrere a sofisticazioni chimiche: si possono intrigare palato e cervello senza effetti speciali, basta conoscere le potenzialità degli ingredienti. Assemblando e rielaborando si creano alchimie di profumi e sapori straordinari. Per questo motivo ho deciso di caratterizzare la mia cucina studiando uno degli ingredienti principali nella preparazione del piatto a cui non si è mai data la giusta importanza: l’olio extravergine d’oliva. La mia principale missione è quella di trasmettere al pubblico la sua conoscenza a 360 gradi e far comprendere la grande differenza tra un olio di qualità ed uno scadente.
Come fai a trasmettere questa conoscenza?
Partendo dal ristorante dove faccio una formazione continua restando anche in sala. Su ogni tavolo c’è una cassettina con sette monocultivar in bottiglie da 250 ml che vengono cambiate ogni mese e mezzo. Il cliente può decidere di prendere un piatto del menu e io, in base a quello che ha scelto, gli faccio l’abbinamento dell’olio a tavola spiegando perché ho scelto quello. Oppure può scegliere il menu degustazione che comprende sette portate, dall’entrée al dessert, abbinate ai sette oli che sono in tavola, compresa la mia spiegazione. Poi c’è una terza possibilità per conoscere meglio l’Evo: una degustazione di pane e olio che non ha nessun costo. Naturalmente in questo caso consiglio sempre di iniziare dall’olio più morbido, delicato a quello più intenso per far capire le differenze a scala.
Una conoscenza che hai acquisito negli anni.
Sì, ho iniziato con esperti universitari, frequentando corsi per assaggiatori professionisti fino a studiare e a capire come abbinare l’olio al cibo nel modo migliore, garantendo un plus alla pietanza stessa. Oltre a diffondere questa conoscenza nel mio ristorante, sono referente del Sud Italia per Airo (Associazione internazionale ristoranti dell’olio) ed ambasciatore degli Chef Professionisti e dei Ristoranti dell’Olio. Questo significa fare formazione a varie figure, dagli assaggiatori, ai ristoratori fino agli chef, sull’utilizzo dell’extravergine.
Nella tua Carta ci sono sette oli che, come il menu, vengono cambiati ogni mese e mezzo.
Oltre a quelli, ne tengo tre fissi in cucina che provengono dalle varietà tipiche di questo territorio: Ogliarola Barese, Coratina e Peranzana (quest’ultima non è fissa perché ha una durata di circa otto mesi). Sempre più consumatori sono attenti all’alimentazione e desiderano trovare nei loro piatti prodotti salutari. L’idea di creare la Carta degli Oli nasce da questo e dal crescente interesse di riscoprire il patrimonio eno-gastronomico italiano. Per noi chef è un’opportunità per fare sperimentazione in cucina con un ingrediente vario e versatile come l’olio Evo che si presta a tutte le preparazioni culinarie, dagli antipasti al dolce.
Un’ultima domanda, anzi una curiosità: come hai fatto per tanti anni a nascondere a tua madre che non saresti diventato un ragioniere?
Siccome la scuola era fuori Bitonto riuscivo a non farla andare ai colloqui.
Daniela Utili
Info: Il Patriarca Ristorante, via Beccherie Lisi, Bitonto (BA) – tel. 368 7501700
Menu degustazione di sette portate (bevande escluse): 60 € a persona.
Lo chef Natalizio ha gentilmente condiviso con GreenPlanet una delle sue ricette, spiegandoci la scelta dell’olio ad essa abbinato.
Spaghettone monograno con crema di cime di rapa fasanesi, fonduta di caciocavallo podolico e crumble di pane di Altamura e olio monocultivar Coratino Ingredienti per 4 persone: 400 g di spaghettone monograno 1 kg di rape fasanesi 10 g di acciughe spinate 1 spicchio aglio 200 g di caciocavallo podolico Olio extravergine d'oliva monocultivar Coratino 200 g di pane di Altamura Procedimento: Abbrustolire il pane in forno e farlo raffreddare per creare un crumble. Sciogliere il caciocavallo morbido a bagnomaria fino a creare la fonduta. Cuocere le rape in acqua bollente e poi frullarle aggiungendo olio monocultivar Coratino e i filetti di alici. A parte, cuocere lo spaghettone in abbondante acqua salata. Scolare e mantecare con la crema di rape. Impiattare aggiungendo la fonduta di caciocavallo e il crumble di pane tostato. Finire il piatto con abbondante olio monocultivar Coratino. La scelta dell’extravergine secondo lo chef. “L’amaro dell’olio di Coratina dà continuità al sapore importante delle cime di rapa, verdure dal sapore di base amarognolo, e permette un’esaltazione degli ingredienti sia della rapa, sia della fonduta”.