“Siamo la regione più biologica d’Italia e questo è un grande orgoglio, un’eccellenza di cui tutta la collettività può andare fiera. Possiamo vantare una sensibilità e una attenzione alla biodiversità che viene da lontano. Per questo motivo ritengo sia essenziale giocarci questa opportunità tutti insieme, dai piccoli coltivatori ai grandi player in un unico distretto del biologico forte e in grado di creare aggregazione e qualificare ulteriormente i nostri prodotti nel mondo”. Con queste parole, nei giorni scorsi, l’assessore pro tempore all’agricoltura della Regione Marche Mirco Carloni aveva giustificato la decisione presa durante il Tavolo Verde regionale a favore dell’introduzione di un solo bio-distretto regionale. “Fare tanti piccoli distretti significherebbe disperdere le energie – ha continuato Carloni -, oltre a renderci deboli e poco significativi sui mercati. La Regione ha già stanziato 100 mila euro per la creazione di un distretto unico a dimostrazione di quanto ci creda. L’auspicio e evitare gli errori e le divisioni che hanno caratterizzato altri settori. Il biologico è un brand orizzontale molto forte in grado di tenerci uniti e far crescere insieme il territorio”.
Una decisione che tuttavia non trova il consenso delle associazioni di settore, Associazioni AIAB Marche, CNA Marche e Bio-Distretto del Fermano-Piceno – che hanno espresso il loro disappunto per quanto l’assessore all’agricoltura Carloni sta portando avanti, proponendo una Delibera della Giunta Regionale, DGR Genn. 2021, che distorce completamente il precedente DGR del 20- 07- 2020.
“Non solo stravolge l’assetto e gli indirizzi, riducendoli alla metà, ma ne cambia anche le regole creando disparità tra le varie opzioni che la stessa DGR”, denunciano le associazioni in un comunicato congiunto.
“Si tratta di un provvedimento – spiegano – che stravolge completamente la Delibera di Giunta Regionale del 20 luglio del 2020. Non solo ne stravolge l’assetto e gli indirizzi riducendoli alla metà, ma ne cambia anche le regole creando disparità tra le varie opzioni”. Le associazioni agricole chiedono spiegazioni sul perché di tali disparità e di conoscere i destinatari di tali benefici.
La contrarietà di Enzo Malavolta, presidente di Aiab Marche e componente del direttivo nazionale, di Francesco Petrini, presidente Unione Agroalimentare regionale CNA Marche e portavoce nazionale agricoltori, e di Noris Rocchi, presidente Bio distretto del Fermano Piceno, non riguarda i distretti dei prodotti certificati, né i distretti dei prodotti di prossimità. “La nostra contrarietà – dicono i presidenti – riguarda soprattutto il distretto biologico regionale inteso come territorio per il quale agricoltori biologici, trasformatori, associazioni di consumatori o enti locali hanno stipulato e sottoscritto protocolli finalizzati alla diffusione del metodo biologico di coltivazione, della sua divulgazione nonché per il sostegno e la valorizzazione della gestione sostenibile anche di attività diverse dall’agricoltura. In questo caso – proseguono i presidenti – il distretto diventa unico, contravvenendo peraltro alla legge nazionale”.
“Il tessuto agricolo biologico marchigiano – fanno notare Malavolta, Petrini e Rocchi – è costituito da tante piccole imprese, simbolo di forza produttiva ed economica, ognuna parte attiva del proprio territorio, che insieme creano indotto con altre piccole aziende artigiane, della ristorazione e delle tipicità sviluppando il proprio reddito nel concetto della filiera corta, del Km 0, e nel rapporto diretto con la propria clientela. Nasce quindi spontanea la domanda all’assessore Carloni: perché il distretto biologico non deve avere le stesse condizioni delle altre due opzioni del DGR?”, concludono i tre. (c.b.)