Riprendiamo e volentieri pubblichiamo in versione quasi integrale un intervento di Fabrizio Piva, amministratore delegato di CCPB, recentemente apparso sulla newsletter del Consorzio con il titolo: ‘Biologico e certificazione: due vecchi amici’.
‘Non intendo entrare nel dettaglio del D. Lgs sui controlli del biologico. Siamo intervenuti nell’ultimo anno, talvolta anche con vis polemica, per cercare di migliorare un testo che avrà comunque ripercussioni negative sul settore; in parte ci siamo riusciti poiché il testo uscito dal consiglio dei ministri nel giugno 2017 era ben peggiore di quello approvato lo scorso febbraio. Ora, dopo la pubblicazione, diverrà una legge dello Stato e, come nostra abitudine, ci conformeremo e la rispetteremo.
Ciò che, invece, mi interessa sottolineare in queste poche righe è il rapporto esistente fra il ruolo della certificazione e lo sviluppo di un settore che passa tramite l’accettazione da parte dei mercati e del consumatore. Durante la scorsa edizione di Biofach sono stati, come di consueto, pubblicati i dati mondiali sull’evoluzione del settore biologico. Dati che abbiamo analizzato e commentato più volte anche in relazione allo sviluppo che si è registrato in questi anni nel nostro Paese. Una crescita sia sul piano produttivo, con quasi 1,8 milioni di ettari, che in termini di mercato, con quasi 5 miliardi di euro di fatturato. Tutto ciò è stato possibile per la fiducia che il biologico ha conquistato nel consumatore, una fiducia che fin dall’inizio è stata resa possibile dall’impostazione di regole certe e, fra queste, dalla certificazione, perché fin dal 1991 l’UE ha voluto che i prodotti biologici fossero certificati. In tutti gli 87 Paesi che hanno disciplinato il biologico, la certificazione è l’elemento di garanzia per una leale competizione nel sistema produttivo e nel mercato.
La certificazione, ovvero quell’insieme di valutazioni che non sono limitate ad un controllo puntuale su una determinata quantità di prodotto, ma che hanno come obiettivo l’intero processo produttivo, implica per il biologico la valutazione di ogni operatore e coinvolge il sistema produttivo in una logica di sussidiarietà che è alla base della Norma ISO 17065. Quella sussidiarietà che vede il sistema produttivo coinvolto nel raggiungimento di obiettivi produttivi di qualità e non mero oggetto di controllo da parte di realtà o enti lontani che in molti casi non conoscono le difficoltà del settore. Il miglioramento della qualità che è stato alla base del successo produttivo del biologico e che è stato possibile proprio perché gli organismi di certificazione sono stati accanto al sistema di produzione e non dall’altra parte; le carenze e le non conformità permettono al sistema di migliorare e non di eliminare chi ha sbagliato. Chi vede nella certificazione la sola componente del controllo, o la vuole ridurre solamente a questa, non conosce il complesso sistema della certificazione e, peggio, sta creando le condizioni per minare alla base lo sviluppo di un settore che ha conosciuto trend di crescita che nessun altro settore agroalimentare ha sperimentato negli ultimi 40 anni.
Anche nel corso del 2017, i controlli ufficiali condotti da ICQRF hanno testimoniato gli ottimi risultati raggiunti dal settore, sia nei confronti del settore agroalimentare nel suo complesso che in quelli dei prodotti tipici e dei vini. Il tasso di operatori irregolari sul totale di quelli controllati (2.250) è stato del 6,6% a fronte del 26,8% sul totale, del 31,8% sugli operatori del settore DOP/IGP e del 30,4% del settore vino. L’incidenza delle irregolarità sui campioni analizzati (1.249) è stato del 3,8% rispetto al 7,8% sul totale, all’1,2% sui prodotti DO/IGP e al 6% sui vini, tenendo presente che in materia di analisi chimico-fisica il biologico in Italia ha un limite di residui massimo pari a 0,01 ppm per ogni sostanza attiva non ammessa.
Risultati incoraggianti che testimoniano l’ottimo livello raggiunto dal biologico italiano, innanzitutto grazie ad un tessuto produttivo sano e capace e ad un sistema di certificazione che ancora una volta eccelle anche rispetto agli analoghi sistemi posti in atto nei Paesi membri dell’UE. Purtroppo, i dispositivi normativi emanati sia in ambito europeo che nazionale sembrano regredire e tornare al principio del ‘commando and control’ che speravamo fosse terminato dalla fine degli anni ’80 dopo l’introduzione del principio della certificazione di parte terza’.