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La comunicazione dei prodotti agricoli e i cambiamenti imposti dal coronavirus
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Un settore che si è sempre comunicato poco e forse non bene, si trova di colpo in prima fila. Scomparsi gli argomenti di intrattenimento: il calcio, gli scandali politici, le campagne elettorali infinite, i cuochi stellati, l’Italia si ritrova a parlare di due sole cose: il coronavirus e cosa mangiare.
Industrie alimentari e grande distribuzione organizzata, con i loro uffici marketing e le loro agenzie di comunicazione, reagiscono immediatamente con un’ondata di spot che alternano inviti a rimanere “serenamente” in casa a messaggi rassicuranti sul fatto che i prezzi “di molti prodotti” non aumenteranno. Qualcuno si spinge a dire che in questo periodo ha aumentato gli stipendi dei propri dipendenti e qualcuno invece, con una personale concezione dello stile e delle buone maniere, elenca le donazioni fatte dal proprio gruppo ed i beneficiari.
Ed il mondo agricolo? Salvo alcuni casi sporadici, tace. Ha fatto sapere poche cose. La prima, la più forte è che teme il problema della mancanza di manodopera facendo emergere una questione, nota agli addetti ai lavori ma che l’opinione pubblica dimentica: la forza lavoro nei campi italiani non è più italiana da tempo.
E cos’altro comunica l’agricoltura in questo periodo? Poco. Sembra non abbia alzato la testa, impegnata com’è a garantire il cibo ai propri concittadini. In questo silenzio c’è sicuramente un pudore, quello di chi rispettando gli altri, non intende speculare sulle loro paure. Poi c’è un attendismo che è tipico di chi non sapendo cosa dire, tace. Terzo, c’è chi vuole comunicare ma rimane indeciso sulla direzione da prendere. Cosa scrivere sulla pagina facebook? Cosa postare sul proprio profilo Instagram? La ricetta della zucca al forno, un post scherzoso sulla giornata del cucciolo o le foto delle bare con esortazioni nazionalistiche alla “uniti ce la faremo” o “mangiamo tricolore”?
Sono momenti indubbiamente inconsueti, come altri che ci capitano nel corso della vita e rispetto ai quali dobbiamo posizionarci o ri-posizionarci. Personalmente ho apprezzato chi ha tenuto fermo il proprio timone evitando di seguire l’emotività. Credo che l’agricoltura da sempre abbia una responsabilità: esserci quando il resto è in vacanza o mentre il mondo intero prefigura scenari che oscillano tra The Day After ed Il Pianeta delle Scimmie. L’agricoltura ricorda a tutti che piantare, seminare, allevare, sono tutti gesti di fede e fiducia nel futuro. Non importa cosa succede oggi, l’appuntamento è tra 2, 3, 6, 12 mesi, quando il gesto di oggi di un agricoltore avrà garantito il cibo di domani. Molte aziende agricole hanno continuato a comunicare con il loro operato quotidiano, la forza della loro fiducia, il valore delle proprie responsabilità.
Però il virus sta cambiando le regole. Se i canali della distribuzione si sviluppano come hanno fatto negli ultimi due mesi, l’intermediazione potrebbe perdere peso ed il rapporto diretto produttore-consumatore potrebbe essere la conseguenza. Mai come oggi il consumatore smarrito rispetto alle proprie abitudini annaspa nel digitale per cercare prodotti alimentari, sicurezza, storie, valori etici e speranze a cui aggrapparsi. È arrivato il momento degli e.commerce per tutte le aziende agricole? Forse non per tutte ma indiscutibilmente si apre una fase nuova dove è necessario attivare modi diversi, sicuramente anche digitali, di farsi conoscere e ri-conoscere nel mercato.
Paolo Beltrami
pbeltrami@c2b4food.com
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