La certificazione e il rinascimento del biologico

FABRIZIO PIVA

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L’articolo 19 della tanto osannata Legge 23 del 09.03.2022, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 23.03.2022, sembra favorire la riformulazione di proposte che dopo 7 anni, allora in preparazione del famigerato D. Lgs, 20/2018, consistono ancora nell’organismo unico e/o nella turnazione degli organismi di certificazione. Con molta probabilità si tratta delle stesse realtà che allora applaudirono alla pubblicazione del D Lgs. 20/2018, che contribuì a deprimere il settore biologico, e che lo scorso anno insistettero per aggiungere l’art. 19 su un impianto legislativo che non doveva accogliere previsioni in materia di certificazione sostanzialmente per due motivi: il primo perché la materia era stata pesantemente e negativamente “normalizzata” nel 2018 ed il secondo perché lo scorso 01.01.2022 entrava in applicazione il nuovo Reg UE 848/2018 che ha inciso molto più sull’attività di controllo e certificazione che sulle norme di produzione.

Detto articolo conferisce delega al Governo per produrre uno o più decreti legislativi, entro 18 mesi dall’entrata in vigore della Legge, volti a migliorare la terzietà degli organismi di certificazione ed a superare e risolvere i conflitti di interesse esistenti fra controllori e controllati, di fatto affermando che in questo settore vi sono conflitti di interesse (!?). Se così fosse già il D Lgs 20/2018 prevede misure e sanzioni volte a reprimere e risolvere tali incresciose situazioni che dovrebbero essere attivate dagli stessi uffici del Masaf che stanno predisponendo, o hanno già predisposto, le bozze dei nuovi decreti.

L’attività di certificazione non è più cosa recente. Gli organismi di certificazione operano ufficialmente da almeno 32 anni, sono accreditati da Accredia e sorvegliati dal MASAF, hanno raggiunto il ragguardevole numero di 19, oltre ai due operanti nella Provincia Autonoma di Bolzano, e vi sono tutti gli strumenti per intervenire correggendo e migliorando la loro attività e reprimendo le situazioni più devianti e pericolose.

I problemi che il settore sta vivendo in questi ultimi due anni non sono certo imputabili all’attività degli organismi di certificazione. La debolezza dei mercati, il carico burocratico e, a mio giudizio, il ruolo del biologico nel più ampio orizzonte della sostenibilità non dipendono tanto dagli organismi ma piuttosto da organizzazioni di rappresentanza, bio e non, che in questi anni non sono state in grado di costruire una rappresentanza vera ed efficace a supporto dell’attività degli operatori biologici.

Il mercato del biologico è debole non certo per una crisi di fiducia o per mancanza di garanzie, ma per la fiammata inflazionistica verificatasi e ancora parzialmente in corso. Il carico burocratico è il frutto di una complicazione normativa, sia comunitaria che nazionale, che vede gli organismi di certificazione danneggiati così come tutti gli altri operatori. Il nuovo impianto normativo comunitario che ha sempre più sovrapposto il controllo biologico ai controlli ufficiali ha di fatto aumentato la burocrazia senza di pari passo aumentarne le garanzie. Gli atti normativi nazionali, culminati con il D Lgs 20/2018, hanno accresciuto le formalità burocratiche trasferendo sempre più formalismi ad un’attività di controllo e certificazione che un tempo era molto più sostanziale. Permane il tema dell’immagine, reale e percepita, del biologico in un periodo storico in cui tutto sembra essere sostenibile ma poco o nulla probabilmente lo è e, giocoforza, molto dovrà andare in direzione di una sostenibilità effettiva ed utile a breve e medio termine, tema quest’ultimo su cui torneremo in futuro.

La competizione fra differenti organismi di certificazione, che ricordo essere incaricati di pubblico servizio, ha favorito l’efficacia del servizio, ed ha dato piena libertà di scelta agli operatori in un quadro normativo fissato e sorvegliato dalle autorità. Ciò non sarebbe stato possibile se vi fosse stato un monopolista (pubblico o privato?) che avrebbe abbassato il livello del servizio al minimo indispensabile e non avrebbe, per quanto attribuibile alla certificazione, aumentato la capacità competitiva del settore. Non dimentichiamo, infatti, che la certificazione biologica (non solo il cosiddetto controllo!) ha contribuito ad inserire ed elevare il livello qualitativo nel processo produttivo di migliaia di aziende che non avrebbero mai conosciuto il significato di un sistema di regole ispirato alla qualità.

Per questo, la certificazione è un patrimonio utile alla competizione del Sistema Italia nel mondo ed è necessario sempre più favorire la competizione e rifuggere i monopoli che sono utili ai monopolisti e non certo agli attori veri del Sistema, deprimendone la vitalità e l’efficienza. In coerenza con quanto sopra riportato, la scelta dell’organismo di certificazione deve essere libera e non condizionata da turnazioni che obblighino l’imprenditore a cambiare organismo di certificazione. Stiamo parlando di un servizio in cui l’ispettore impatta direttamente sui processi, tocca con mano prodotti e strumenti di produzione, instaura un rapporto diretto con imprenditori e maestranze e non si riduce ad un controllo di scritture contabili e finanziarie così come accade ad esempio in una certificazione di bilancio.

Il biologico ha  bisogno di un nuovo “rinascimento” e la riesumazione di vecchie proposte, già allora dannose, non va certo nella direzione di favorirne la diffusione fra i consumatori.
Fabrizio Piva 

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