L’edilizia green riscopre il bambù

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Esiste in natura un materiale da costruzione di gran lunga più resistente di qualsiasi essenza vegetale e più leggero del cemento armato e dell’acciaio, flessibile, adattabile, esteticamente variegato ed ecosostenibile?

Secondo l’associazione INBAR (International Network for Bamboo and Rattan) la risposta è positiva: il bambù sembrerebbe rispondere a tutte queste richieste.

L’interesse attorno al bambù come materiale da costruzione sta crescendo sempre più velocemente, tant’è che attraverso il programma di Switch-Asia la Comunità Europea sta finanziando un progetto cinese che prevede l’impiego del bambù (al posto di legname, acciaio o cemento) per la ricostruzione degli alloggi nella provincia di Sichuan, ad alto rischio sismico.

“Il bambù è forte, largamente disponibile e più resiliente agli eventi tellurici rispetto alle alternative”, spiega Lou Yiping, project manager dell’International Network for Bamboo and Rattan.

In casi di terremoti il bambù si dimostra un buon materiale da costruzione per le sue ottime proprietà di flessibilità. Negli Stati Uniti, precisamente alle Hawaii, terra altamente sismica e dove i vulcani sono ancora attivi, è stato impiegato persino nella costruzione di edifici governativi con ottimi risultati formali.

Il bambù è uno dei materiali da costruzione più incredibilmente versatili e sostenibili a nostra disposizione. E’ una graminacea come gran parte delle erbe che crescono nei nostri prati, come il mais ed il grano e cresce molto rapidamente – sino a 120 cm nell’arco di 24 ore. Con un aumento di 10-30% di biomassa annuale rispetto al 2-5% per gli alberi, il bambù può produrre sino a 20 volte più legname rispetto al numero di alberi di una stessa area. E ‘estremamente forte in rapporto al suo peso e può essere utilizzato sia strutturalmente che come materiale di finitura.

Dal punto di vista dell’innovazione tecnologica, l’uso del bambù apre le porte a diversi sviluppi futuri e potrebbe consentire la realizzazione d’infrastrutture molto economiche, ecosostenibili nella lavorazione, energeticamente efficienti e, aspetto da non sottovalutare, adatto per l’autocostruzione di manufatti leggeri.

Per quanto riguarda la questione ambientale, la coltivazione del bambù non richiede l’uso di fertilizzanti di sintesi e quindi rispetta le condizioni naturali del suolo; inoltre immagazzina una gran quantità di anidride carbonica.

Esistono comunque anche caratteristiche negative del bambù. Un aspetto di criticità per l’utilizzo del bambù, è il suo impiego nella falegnameria tradizionale, perché la sua forza deriva dalla sua struttura integrale. Le aste non possono essere sezionate, interrotte e le unioni non sono possibili senza particolari e precisi accorgimenti che sono diversi dalle solite tecniche di falegnameria tradizionale utilizzate per il legno massiccio e/o semilavorato. Inoltre alcune specie di bambù si diffondono velocemente per vaste aree e risultano difficilmente controllabili se non attraverso importanti interventi di dissodamento.

C’è poi da lavorare ancora nei metodi e nei processi di laminatura per renderli maggiormente sostenibili e a basso impatto ambientale. Ma il fatto più preoccupante riguarda la prospettiva di sostenibilità nella diffusione in larga scala nel breve e medio termine. Attualmente non essendoci piantagioni commerciali diffuse per la produzione di bambù in Europa e negli USA, questo proviene da Cina, India, Vietnam e America Latina con alti costi di trasporto che incidono negativamente, per ora, sull’effettiva ecosostenibilità di questo materiale naturale.

Nell’architettura contemporanea esistono sostanzialmente due scuole di pensiero, con approcci diversi, cui possiamo fare riferimento: la scuola colombiana capitanata da Simon Velez e la scuola asiatica di Shigeru Ban e Rocco Yim.

La differenza tra le due scuole è sostanziale: la tecnica colombiana si basa sullo studio e lo sviluppo di fissaggi secondo nodi, anche complessi, in simbiosi con altri materiali e connessioni puntuali. Gli asiatici d’altro canto utilizzano solo e sempre fissaggi per legatura, senza indebolire il bambù tramite forature.

Esistono progettisti che hanno attinto da entrambe le esperienze e a loro volta forniscono spunti originali e curiosi.

L’applicazione di tecnologie intelligenti a basso costo e ad alta efficienza mostra lo sforzo compiuto da alcuni architetti e ingegneri che si sono concentrati ad impiegare, tra l’altro, il bambù senza dare sfoggio di particolari tecnologie high tech, con lo scopo di sottolineare in maniera evidente (e provata dagli esiti formali e prestazionali) che i concetti di estetica e sostenibilità non portano con sè necessariamente l’impiego di materiali costosi, ma sono l’espressione di un modo in cui i materiali sono interpretati e composti progettualmente.

L’attualizzazione di tecniche costruttive antiche è uno strumento d’innovazione che spesso necessita di budget limitati. I padiglioni realizzati a Milano in occasione del Salone del Mobile 2010 e del Festival Internazionale dell’Ambiente – Green City, con il patrocinio del Comune di Milano e di EXPO 2015 sono stati un esempio di realizzazioni a basso impiego di risorse finanziarie.

Per il Salone un gruppo di progettisti con la presenza di Beppe Ortile, uno dei massimi esperti di bambù in Italia, hanno realizzato lo spazio espositivo Think Green insieme al MAPP (Museo d’arte Paolo Pini, Associazione culturale per il recupero della creatività artistica e la riabilitazione psicosociale).

(fonte: Architettura Ecosiostenibile) 

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