L’Italia emerge con circa l’11% di superficie coltivata bio, tra i maggiori produttori al mondo per olivi e viti. Il mercato mondiale del biologico è fortemente in crescita: nel 2014 ha visto un giro d’affari di oltre 60 miliardi di euro.
Sono alcuni dati snocciolati nel giorno di apertura del Biofach di Norimberga, subito ripresi da AIAB. Il mercato del biologico in Europa nel 2014 ha continuato a crescere con un +7,6%, raggiungendo i 26 miliardi di euro (quasi a pari merito con il mercato degli Stati Uniti che ha un giro di 27 miliardi e che è il più grande mercato mondiale). Per quello che riguarda le aree coltivate nell’Unione Europea, nel 2014, il 6% sono bio.
L’Italia spicca con circa l’11% di superficie agricola coltivata col metodo biologico. Se in termini di superficie destinate al bio emerge la Spagna (1,7 milioni di ettari), l’Italia assume la leadership di estensione di colture produttive con 1,4 milioni di ettari di superfici coltivate a cereali, olive e viti. Rilevante è la superficie coltivata a olivicoltura e viticoltura, una estensione che porta l’Italia tra i maggiori produttori al mondo.
I dati del Biofach assumono maggiore rilevanza perché escono contemporaneamente allo studio ‘L’agricoltura biologica nel 21° secolo’, che per la prima volta analizza 40 anni di ricerche scientifiche e centinaia di studi, che mettono a confronto l’agricoltura biologica e convenzionale attraverso i quattro obiettivi di sostenibilità individuati dalla National Academy of Sciences: produttività, economia, ambiente e benessere della comunità.
Il risultato? ‘Nonostante la rapida crescita negli ultimi due decenni, la produzione biologica attualmente rappresenta solo l’1% dei terreni agricoli globali, mentre – afferma John P. Reganold della Washington State University, uno degli autori dello studio – dovrebbe avere un ruolo principe nel nutrire il mondo. Chi rema contro ha a lungo sostenuto che l’agricoltura biologica è inefficiente, che richiede più terra per produrre la stessa quantità di cibo.
La rassegna invece descrive i casi in cui i rendimenti in bio possono essere superiori a metodi di coltivazione convenzionali. Inoltre, in condizioni di siccità gravi, che dovrebbero aumentare con il cambiamento climatico, le aziende biologiche hanno il potenziale per produrre di più a fronte della maggiore capacità del suolo di trattenere l’acqua’.
‘Sono dati che confermano quanto AIAB va dicendo da tempo e su cui ci sono sempre meno dubbi – sottolinea Vincenzo Vizioli, presidente dell’associazione – ed ora che il bio cresce tutti devono fare bene il proprio mestiere: dalla politica alla ricerca, dal sostegno tecnico alla produzione, dalla promozione, al controllo. Su queste partite si gioca il futuro e la credibilità dell’unico modello agricolo praticabile per tutelare salute, ambiente e reddito degli agricoltori’.