Il kiwi giallo diventa bio grazie ad Apofruit. Il colosso romagnolo dell’ortofrutta sta studiando il modo per commercializzarlo con un proprio marchio attraverso il suo “braccio armato” commerciale per il bio che è l’azienda Canova.
Ne parliamo con il presidente di Canova, Massimo Biondi (nella foto), in un’intervista esclusiva per GreenPlanet.
“Stiamo cercando di capire come affrontare nel caso specifico il rapporto con il partner Zespri – spiega Biondi -: è l’aspetto che dobbiamo risolvere. Il kiwi giallo bio è una delle varietà che si è aggiunta ultimamente al portfolio prodotti bio commercializzati da Canova. Era quella mancante all’appello, perché ormai commercializziamo in versione bio tutti i prodotti ortofrutticoli di Apofruit che coltiviamo dal Nord al Sud del Paese. Non a caso oggi il bio rappresenta, in valore, un terzo e in volume un quarto dei volumi del Gruppo”.
– Può darci qualche numero?
“Ogni anno produciamo circa 40 mila tonnellate di ortofrutta bio su un totale di 170 mila del Gruppo. Il bio genera un giro d’affari di circa 100 milioni di euro su un fatturato consolidato di Apofruit di circa 300 milioni di euro. Ed è un settore dove prevediamo ulteriori crescite dal momento che ogni anno qualche azienda ci chiede di potere convertire la propria produzione in bio. Dalla campagna 2020 abbiamo anche iniziato a commercializzare dei volumi di Pink Lady biologici e ci stiamo aprendo anche a nuove varietà”.
– Su quali varietà puntate in particolare?
“Il nostro primo obiettivo è la qualità della frutta, che sia buona da mangiare. Poi, per quanto riguarda le nuove varietà, stiamo lavorando su un nuovo kiwi verde che si chiama Divo che ha proprietà organolettiche simili a quelle del giallo; ad un caco precoce e molto colorato che si chiama Maxim e, inoltre, continuiamo la nostra proposta di mele bio con le varietà Gioia e Candine. Quest’ultima l’ha sviluppata Apofruit stessa ed è stata lanciata circa tre anni fa”.
– Come sta andando il mercato?
“Fino a qualche anno fa crescevamo a doppia cifra. Mi riferisco ad una crescita di fatturato del 14-16% ogni anno. Canova è nata 22 anni fa per gestire i prodotti biologici delle nostre aziende e due anni dopo è stata seguita dalla costituzione di Almaverde Bio, il marchio bio di Apofruit. Fu un’idea di Renzo Piraccini, ora presidente di Cesena Fiera, che si è dimostrata vincente. Da circa tre anni, però, la crescita non è più a doppia cifra”.
– Perché?
“Perché si sono susseguiti eventi più grandi di noi. Prima la cimice asiatica, tre anni fa, che ha devastato il raccolto di pere e kiwi. Consideri che questo patogeno è arrivato già dopo due campagne che avevano avuto una perdita di volumi importante su tutta la frutta estiva per colpa di gelate tardive. E poi ci sono state le gelate del mese scorso che, come è noto, sono state estremamente nefaste. In buona sostanza, il fatturato è diminuito perché non ci sono stati i volumi”.
– Come pensate di far fronte alle sfide poste dal cambiamento climatico?
“Stiamo incentivando la difesa attiva attraverso, ad esempio, coperture con teli antigrandine, antinsetto, antiacaro. Abbiamo investito in tecnologie di irrigazione che gestiamo con sonde poste nel terreno che rilevano il giusto fabbisogno idrico. L’agricoltura sta cambiando velocemente e non possiamo non prendere in considerazioni tutte le innovazioni che possono aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi”.
– Alcuni produttori sono perplessi in relazione alla riduzione del differenziale di prezzo tra bio e convenzionale.
“Non mi pare. In Apofruit, il differenziale di prezzo tra bio e convenzionale varia dal 20 al 50% in favore del primo. Parlano i listini. Certo produrre bio è molto più difficile”.
– Questo differenziale remunera adeguatamente il produttore biologico?
“Secondo me sì”.
– Come stanno andando le Isole Almaverde Bio?
“È un progetto molto bello che stiamo portando avanti da almeno quattro anni. Adesso siamo arrivati a 42 Isole posizionate negli ipermercati dove gestiamo la vendita sfusa al 90%. I vantaggi del progetto delle Isole di Almaverde Bio, che sono spazi che affittiamo al supermercato, derivano ad esempio, dalla possibilità del consumatore di potere avere info da opuscoli oppure da un operatore in loco; dal fatto che essendo il brand Almaverde Bio rappresentato dal layout stesso, ossia l’isola, possiamo non usare il packaging; possiamo, inoltre, utilizzare le Isole per vendere prodotti considerati di seconda scelta perché hanno qualche imperfezione e, infine, abbiamo tutta l’offerta dei prodotti di stagione. Questo ci permette di muoverci sui prezzi in maniera competitiva e uscire dagli spazi bio dei supermercati dove ci sono quasi sempre due o tre referenze e non si va oltre”.
Mariangela Latella