Il patrimonio della credibilità

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Ricordo un bravo imprenditore ortofrutticolo, che era soprattutto un appassionato coltivatore di mele, che ebbe un giorno con me un’animata discussone sul biologico: non voleva sentirne ragione, per lui il biologico era un bluff, punto e basta. Non riuscii a convincerlo del contrario. Era ed è un onesto e anche un pignolo: sicuramente dosava e dosa i trattamenti chimici nei suoi frutteti restando nei limiti prescritti dai disciplinari e certamente, prima di far chiudere il Tir frigo diretto in Germania, controlla che la frutta rispetti le caratteristiche richieste dal buyer del supermercato che ha ordinato il carico. Un altro imprenditore dello stesso settore, che è tra i più conosciuti a Milano nel commercio dell’ortofrutta, un giorno mi chiese informazioni sul biologico perché, forse, per lui era arrivato il momento di ‘farci sopra’ un ragionamento ovvero stava pensando se valesse la pena investire nella riconversione di parte della sua attività verso la nicchia del bio. Mesi più tardi seppi che stava facendo investimenti nel Sud, oggi so che, dopo aver discusso con varie persone del settore, ha lasciato perdere: produce nel Sud ortofrutta convenzionale.

Questi due aneddoti per ricordare che la strada che il biologico deve percorrere, anche in un settore dove è molto sviluppato come l’ortofrutta, è ancora parecchia: un percorso culturale, di conoscenze, di stili di vita prima ancora che un percorso economico (che pure oggi è fattibile con successo, come vari casi dimostrano). Questi due aneddoti anche per dire che ci sono imprenditori che prendono molto sul serio il loro lavoro stando fuori dal bio mentre ci sono imprenditori – come l’inchiesta della Guardia di Finanza di Verona resa pubblica il 6 dicembre ha tristemente dimostrato – di ‘altra pasta’, senza gli stessi scrupoli, che sono entrati nel bio per fare soldi in fretta e non importa in che modo.

A favore del bio ci sono molti argomenti, con il passare del tempo ce ne sono anche di più che nel passato, ma dobbiamo stare attenti a non sottovalutare l’elemento fondamentale: il patrimonio di credibilità che il settore, negli anni, con la fatica, la passione e l’impegno dei bravi e degli onesti, è riuscito a crearsi. Questo elemento va difeso a tutti i costi, anche a costo di rimetterci qualche soldo per sistemare ciò che, dentro il bio, oggi non va. Paolo Carnemolla, presidente Federbio, nel lungo intervento che abbiamo pubblicato in settimana, non ha difeso tutto, non ha affermato che sull’onda del trend positivo, su questa nave che va anche contro i marosi della crisi economica, si può imbarcare tutti. Ha detto la cosa giusta: teniamo alta la guardia, teniamo fuori chi non sta alle regole.

Non basta una notizia negativa a scalfire il patrimonio di credibilità di cui sopra, lo dicono i primi provvisori dati sui consumi nei giorni seguenti il 6 dicembre, ma sarebbero guai grossi se il settore facesse finta di niente, si compiacesse nella considerazione che ‘la gente ha già dimenticato’, e lasciasse gli scheletri nascosti nell’armadio.

Antonio Felice

editor@greenplanet.net

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