Con 8,5 milioni di tonnellate di latte, 21 stabilimenti – di cui 7 fuori Italia – e circa tremila dipendenti all’attivo, Granarolo è vissuta nel mercato come una vera e propria “industria del latte”. Del resto è una protagonista assoluta della filiera e per quanto sia entrata con impegno anche nella produzione biologica ancora convive con una certa diffidenza del consumatore bio “che associa la produzione su larga scala ad un aspetto negativo, senza considerare gli effetti in termini di sicurezza, di controllo e di qualità”, come sottolineato da Giovanni Giambi, direttore generale di Agrisfera, realtà ravennate socia del Consorzio di filiera bolognese nel corso dell’evento “Conoscere il Biologico” organizzato lunedì 14 ottobre da GreenPlanet in collaborazione con la Fondazione FICO.
“L’impiego di tecnologie all’avanguardia in dote ad aziende di tali dimensioni – ha precisato Giambi – è fondamentale per raggiungere un certo tipo di risultati. Proprio per questo è necessario comunicare la nostra cultura del bio, in grado di valorizzare l’intera filiera e la tracciabilità del prodotto, garantendone l’origine e l’elevata qualità”.
Per Granarolo il biologico rappresenta il 9% dell’output totale aziendale, in sensibile crescita anno su anno (+16% nel 2018); il latte bio, in particolare, è il 33% della produzione complessiva, passato dalle 25 mila tonnellate del 2014 alle 55 mila tonnellate del 2019.
Non solo. “Per noi – ha sottolineato Giambi – la sostenibilità ambientale e il benessere animale sono altri due valori imprescindibili. Infatti, circa l’uso di antibiotici in stalla, stiamo investendo per azzerarne i trattamenti all’interno dei nostri allevamenti, sebbene la legge ammetta fino a tre cicli di cure all’anno anche per la produzione di latte bio”.
Per il futuro si prevedono nuovi stimoli per la produzione bio di Granarolo, anche grazie alle nuove acquisizioni in Francia, Lituania, Svezia e Nuova Zelanda, e interessanti sfide. L’attuale saturazione del mercato del latte costringe gli operatori a reinventare il prodotto. “Oggi innovare è l’unica strategia possibile se si vuole restare competitivi. Negli ultimi 5 anni ben il 27% del paniere di Granarolo è stato costituito da novità. Ora ci stiamo concentrando sui prodotti ’senza’ e anche il biologico potrebbe esserne coinvolto, ma è ancora tutto da vedere. Per il momento – ha ancora affermato l’imprenditore – stiamo valutando di introdurre la versione bio del nuovo formaggio stagionato della filiera Granarolo, Quattrocento, lanciato da pochi mesi in versione convenzionale”.
Chiara Brandi