Giorgini (Orogel), bio vs convenzionale: “Il bio stimolo per migliorare le tecniche; il residuo zero un obiettivo”

silver giorgini

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“Le conoscenze acquisite nel mondo del biologico possono senz’altro aiutare i produttori che operano su terreni convenzionali a sopperire alle mancanze tecniche che continueranno ad esserci, dato che la situazione generale, tra clima e guerra, non mostra segnali di miglioramento”. Questo ciò che pensa Silver Giorgini, direttore Qualità e Innovazione presso il gruppo Orogel di Cesena, azienda che da quattro anni ha in piedi un progetto molto avanzato dedicato al residuo zero. Ma che porta avanti anche una “nicchia” di produzione biologica che può definirsi “a richiesta”, ovvero rivolto al settore del baby food e delle mense scolastiche, in notevole crescita.

“Il biologico è una cosa molto seria e impegnativa che ha costi rilevanti, anche del 30% in più e non sempre si è tutelati rispetto ai prodotti che arrivano dall’estero – fa sapere Giorgini – In Orogel facevamo da oltre 10 anni la lotta integrata, arrivando al 70% in meno di residui. Oggi abbiamo molte filiere a residuo zero, certificate, e probabilmente è qui che avviene, in questo momento, un punto di incontro tra il biologico e il convenzionale, nell’obiettivo di avere sempre meno residui”. 

Giorgini riconosce, tuttavia – come ha fatto notare in varie occasioni il professore dell’Ateneo bolognese, Giovanni Dinelli – che in questa congiuntura storica, tra guerra e cambiamento climatico, “la difficoltà degli agricoltori a trovare concimi e ad affrontarne i costi anche decuplicati, quando vengono reperiti, è alta”. Aggiunge: “Siamo una cooperativa e lo sappiamo bene: spesso non ce lo si può permettere…”. Ecco, quindi, che “si cerca di sfruttare tutte le conoscenze che si sono acquisite nel comparto del biologico”.  Perché, se è vero che fino a poco tempo fa, si trattava di un settore “molto esclusivo”, sottolinea Giorgini, oggi “questi due mondi si stanno incontrando anche perché sorge la necessità di trovare soluzioni efficaci, percorribili economicamente”. Insomma, i produttori convenzionali si accorgono che, laddove la chimica non arriva perché ce ne è carenza, sorge una nuova “opportunità”. Ma, ricorda il direttore Qualità di Orogel, “il passaggio non è automatico”.

“Purtroppo, non mi pare che ci siano segnali di miglioramento né sul fronte della guerra né su quello del clima – fa sapere Giorgini – : il nostro gruppo di agronomi e di esperti aziendali si riunisce periodicamente con l’obiettivo di modificare i disciplinari, alleggerendoli sempre di più di molecole persistenti, seppur autorizzate, optando per trattamenti più blandi e più indicati per determinate malattie”. Un’operazione difficile, e “non priva di rischi”. E, per i produttori, “sbagliare significa anche avere perdite di prodotto, che non tutti possono permettersi”.

Per Giorgini, “dovrebbe intervenire la politica a sostenere davvero gli agricoltori nell’evoluzione della specie, ma per adesso, nonostante i proclami, tutto viene lasciato alla buona intenzione”.

Il Green Deal, con gli obiettivi da raggiungere, spinge certamente al cambiamento. “Ma bisogna ribadire che arrivare ad un prodotto biologico di alta qualità ha un costo che il mercato dovrebbe pagare e che dovrebbe essere riconosciuto dalla politica e dall’Europa”.  Anche perché, aggiunge il direttore, “in un momento di guerra, ciò a cui si pensa prioritariamente è portare a casa il cibo, e meno alla sua qualità”. Inoltre, “la popolazione mondiale cresce, e bisogna darsi come obiettivo quello di non ridurre le rese produttive nei campi: riduzione delle rese, infatti, significa meno reddito. Ma gli agricoltori hanno bisogno di reddito”.

Per Giorgini, infatti, oggi non è più vero che si produca troppo, ma semmai il contrario: “Ci sono ancora disuguaglianze tra le varie parti del mondo, e questo è un grosso tema di tipo geopolitico, ma noi, come azienda, siamo preoccupati perché vediamo diminuire le rese produttive ogni anno a causa del cambiamento climatico e della scarsità di acqua”.  Insomma, le aziende devono fare i bilanci e per stare in piedi hanno bisogno di programmare: “Non ci si può permettere di produrre il 30% in meno”.

Orogel, tuttavia, continua a concentrare sforzi e impegno anche nella produzione esclusivamente biologica. “Lavorando con aziende che producono baby food e mense scolastiche è evidente che il livello di professionalità deve essere molto alto e quindi produciamo in maniera dedicata e anche con edizioni limitate, che per noi hanno, però, un’importanza strategica, perché sono una specie di esercizio che ci aiuta a migliorare”, riferisce Giorgini. Mentre fa riferimento anche alle necessità e agli stimoli che arrivano da questo comparto: “Per abbattere la produzione animale, lo stesso Green Deal spinge verso la produzione di proteine vegetali. E così vengono richiesti sempre più di frequente cibi non solo biologici, ma vegani. I prodotti vengono, quindi, coltivati e poi trasformati in aziende specializzate, che riescono ad realizzare un hamburger vegetariano che contiene il 18% di proteine vegetali: una quantità molto alta”.

Chiara Affronte

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