Chi pensa che il carburante stivato nei serbatoi della Costa Concordia rappresenti l’unica minaccia alle acque dell’Isola del Giglio, si sbaglia di grosso.
A dimostrarlo sono i primi test realizzati dal battello Poseidon dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpat) della Toscana. I risultati, infatti, non indicano la presenza massiccia di idrocarburi, come olio e gasolio, ma concentrazioni non irrilevanti di tensioattivi, composti che si trovano nei detersivi, intorno all’area dove la nave è naufragata.
Si parla di 2-3 milligrammi per litro che bastano a mettere sullo stesso livello di inquinamento le acque del Giglio e quelle delle aree industriali vicino al mare, come a Marghera. I tensioattivi, in particolare, sono stati rilevati attorno alla nave: a prua, a poppa e lungo le due fiancate.
Gli stessi armatori della Costa parlano di alcune centinaia di chili di detersivi. Praticamente tutti quelli che si trovavano nelle bottiglie non sigillate prima dell’incidente. Questo significa che tali concentrazioni, che fanno già paura, potebbero moltiplicarsi per via dei prodotti sigillati che rischiano di rompersi e disperdersi nel mare.
Che la Concordia, come del resto tutte le navi, contenesse anche sostanze nocive lo conferma Marco Marcelli, professore di Oceanografia biologica e Oceanografia applicata all’Università della Tuscia.
‘Più tempo il relitto rimarrà immerso nel mare più rischi di inquinamento si corrono’, sottolinea. ‘Il carburante è solo una delle sostanze tossiche che la nave può rilasciare. Devono infatti essere considerati – continua l’esperto – anche gli inquinanti che la nave ha a bordo. Gli stessi mobili, ad esempio, possono liberare sostanze tossiche per l’ambiente se stanno per troppo tempo in acqua’.
In effetti nei primi otto giorni di controllo al Giglio è già stata rilevata la presenza, seppur ancora a livelli ancora bassi, di solventi e pitture. ‘Gli effetti – spiega Marcelli – possono essere devastanti perchè l’area è molto ricca di organismi preziosi: si va dalla Posidonia alla Pinna Nobilis. Tutte specie che potrebbero avere i giorni contati finchè la nave continuerà a rimanere arenata su quegli scogli’.
Gli esperti continueranno a monitorare l’area. Per un mese verranno effettuati altri due tipi di test: uno sui sedimenti marini e sulla flora e fauna ittica (in collaborazione con l’Ispra), l’altro controllerà eventuali contaminazioni del mare nelle aree limitrofe all’isola grazie all’aiuto di stazioni fisse di controllo posizionate all’Argentario, all’Isola d’Elba e al Parco dell’Uccellina. ‘La situazione deve essere tenuta costantemente sotto controllo e monitorata’, ha confermato Alessandro Franchi, dirigente dell’Arpat.