“Il biologico non è l’agricoltura del futuro”. Lapidario, un po’ provocatorio, ma anche tristemente realistico, il direttore di Agrisfera Giovanni Giambi esordisce così nel suo intervento all’assemblea annuale delle Cooperative Agricole Braccianti di Ravenna – CAB.
“Per il bio – spiega il direttore della cooperativa che vanta oltre 1.300 ettari condotti a biologico – persistono ancora due grandi problemi: il primo riguarda le rese, che nonostante i progressi in termini di innovazione per la maggior parte delle colture sono ancora decisamente inferiori a quelle del convenzionale, mentre l’altro è relativo ai differenziali di prezzo, crollati in maniera drammatica negli ultimi anni”.
Giambi è anche vice presidente di Promosagri, cooperativa di servizi che associa le 7 CAB. In questa veste sottolinea che le conseguenze di tale situazione sono osservabili direttamente nel calo registrato lo scorso anno in termini di SAU bio delle CAB. “Si tratta di questioni aperte, con ripercussioni importanti a livello di scelte strategico-produttive, che si sommano ai problemi legati all’alluvione e al verificarsi di eventi atmosferici estremi”.
“Ad oggi il bio gode di buone e giuste risorse finanziarie dedicate, e ciò permette alle aziende, almeno quelle medio grandi, di avere ancora una certa redditività – rincara Giambi – ma le incertezze per il prossimo futuro ci impongono una riflessione seria”.
I riferimenti sono chiari: il cambiamento climatico, la volatilità dei prezzi, l’aumento dei costi di produzione e del costo del denaro, le difficoltà nel reperire manodopera, il conflitto Russia – Ucraina, così come le guerre in Medio Oriente, la situazione in Mar Rosso e, non da ultimo, le numerose elezioni politiche in Europa e in molti altri Paesi del mondo che si terranno nel 2024. Queste incertezze ormai strutturali rendono ancora più difficile il lavoro per il settore agricolo che, nonostante tutto, vede confermati gli obiettivi imposti dalle politiche di transizione ecologica dell’UE.
Una condizione inaccettabile secondo Giambi che, citando il presidente Mattarella, sottolinea la necessità di “rendere tutti consapevoli di quanto centrale sia oggi l’agricoltura. L’esercizio di una responsabilità ambientale e sociale, infatti, riguarda in larga misura il sistema agricolo”.
Diventa dunque urgente, trovare soluzioni valide per tutti: “Dobbiamo cercare di recuperare e mantenere produttività malgrado il clima. Per farlo si deve innovare, parlare di aggregazione, stringere rapporti tra cooperative e cercare di migliorare ulteriormente i conferimenti lungo la filiera. Altra cosa da fare è diversificare, investendo in energie rinnovabili. Come CAB abbiamo già iniziato a produrre biogas e abbiamo installato diversi impianti fotovoltaici, ma oggi si parla di agri voltaico, di biometano e di crediti di carbonio, con possibilità – in quest’ultimo caso – dovrebbero partire nel 2024 norme sullo stoccaggio″.
Per finire non dimentichiamo che anche per l’Italia il PNRR prevede che tra il 2026 e il 2030 vengano ridotti i sussidi ambientalmente dannosi, tra i quali rientra il gasolio agricolo. Rispetto a questo tema, Giambi, pur non esprimendosi direttamente sulle proteste in corso in molti Paesi in UE, ha dichiarato: “Non siamo contro la sostenibilità, anzi, ma chiediamo a gran voce meno ideologia e più pragmatismo. Dunque postoci l’obiettivo occorrono più ricerca e innovazione. Oggi fare agricoltura e fare reddito non è semplice ma il risultato da perseguire resta quello di far crescere le nostre imprese. Per questo ci vuole il supporto di tutti, istituzioni comprese, affinché si possano pensare e realizzare investimenti in nuove tecnologie volti a raggiungere quel famoso concetto di sostenibilità”.
Chiara Brandi