Fausto Jori (EcorNaturaSì): “Biologico non è un prodotto, ma un movimento culturale”

Fausto Jori

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Condividiamo, in traduzione italiana e con il consenso della redazione di Bio Eco Actual, questa lunga e articolata intervista a Fausto Jori, amministratore delegato di EcorNaturaSì, realizzata da Oriol Urrutia, co-direttore della testata spagnola. Un confronto a tutto campo sui trend europei del biologico, sulle prospettive del retail specializzato e sull’evoluzione strategica del gruppo italiano, che oggi rappresenta la principale rete di negozi bio del nostro Paese.
Una riflessione lucida e appassionata sul futuro del settore, dove il biologico non è solo un prodotto, ma un movimento culturale e una scelta di vita.

– Quali sono i trend attuali nelle vendite di prodotti biologici in Europa?

In Europa, i negozi specializzati in prodotti biologici stanno crescendo. L’aumento è iniziato nella seconda metà del 2023, dopo la crisi del 2022. Il 2024 è stato un anno di crescita significativa per i negozi specializzati nel biologico, con incrementi che variano dal 3%, al 5%, fino al 10% a seconda del Paese. C’è un’ondata che sta investendo tutta l’Europa: non esiste Paese senza crescita in questo settore. Di contro, le vendite di prodotti biologici nella grande distribuzione sono in calo. La situazione varia da Paese a Paese, ma mediamente si registra un aumento nelle vendite dei negozi specializzati e un calo nelle catene di supermercati. Un quadro è piuttosto preoccupante per il sistema.
La diminuzione del biologico nella grande distribuzione implica una riduzione della domanda complessiva
, che potrebbe essere pericolosa per tutto il comparto. Sebbene i negozi specializzati crescano, non sono ancora sufficienti a compensare la perdita nelle grandi catene.

– Perché secondo lei accade questo?

Essere coerenti con i prodotti biologici non è semplice: è difficile garantire che siano davvero biologici, i costi di produzione sono più alti rispetto a quelli convenzionali, e non è facile avere un assortimento ampio nei grandi supermercati. È più complesso di quanto si pensasse.
Fino a due anni fa, l’introduzione del biologico nella grande distribuzione era vista come una nuova opportunità di business: prodotti nuovi, a prezzi più alti, con clienti potenzialmente disposti a spendere di più. Ma si è rivelata un’illusione, perché non è facile avere 1.000-2.000 referenze di prodotti biologici di alta qualità in un unico negozio. Le grandi catene sono più orientate al ritorno sull’investimento, all’aumento delle vendite e della marginalità. Quindi, da questo punto di vista, il biologico sta diminuendo perché non è un business particolarmente ricco. Avere 500 referenze è un buon numero per una categoria, ma non quando si perdono tra 10.000 e 15.000 referenze totali in una grande catena. Personalmente, vorrei che il biologico crescesse indipendentemente dal canale di vendita. Credo però che il biologico sia più una scelta di stile di vita che una scelta di business.

– Chi considerate generalmente come vostro concorrente o punto di riferimento?

Se guardo al mercato italiano, non vedo concorrenti diretti perché, in qualche modo, siamo l’unica grande catena specializzata. Non ci sono veri competitor con cui confrontarci. Dobbiamo guardare all’Europa e capire chi e dove sono realtà simili con cui poter fare paragoni. Sicuramente aziende importanti come Biocoop in Francia o Dennree in Germania sono esempi da cui prendere spunto o diverse realtà con la stessa missione. Il mio desiderio è che queste aziende si siedano attorno a un tavolo per affrontare insieme le sfide, trovare una visione comune, fare benchmarking e discutere i temi importanti. Negli ultimi due anni, IFOAM ci ha spinto molto in questa direzione, ed è positivo. Due volte l’anno partecipiamo a un incontro tra retailer con IFOAM e i principali negozi specializzati biologici per confrontarci e condividere idee. È un’occasione preziosa perché spesso il movimento biologico si concentra molto sulla parte agricola, ma meno sulla parte retail. Essere un buon retailer è difficile: è importante la vendita al metro quadro, ma serve molto di più.

"Il biologico è una scelta di vita, non una scelta di business."
– In quali Paesi è attiva EcorNaturaSì?

Ci concentriamo principalmente sull’Italia. Il secondo Paese dove siamo presenti è la Spagna, per ragioni storiche e di opportunità. La Spagna è un mercato interessante, non solo dal punto di vista commerciale. Ci sono migliaia di piccoli negozi biologici indipendenti. Sopravvivere come negozio indipendente in un mercato così competitivo non è facile. Credo che ci sia spazio per un’alleanza tra negozi indipendenti per migliorare il marketing e differenziare meglio l’assortimento. Se si riuscisse a creare un’alleanza per aiutare i piccoli negozi a rimanere sul mercato, migliorando marketing e vendite e garantendo prodotti biologici puri e autentici, la Spagna sarebbe il posto giusto.

– Non avrebbe senso creare un gruppo di acquisto congiunto per il biologico, o il retail specializzato è troppo eterogeneo?

Dal mio punto di vista, c’è spazio per migliorare l’efficienza. La pasta, il pomodoro, il succo d’arancia e le verdure provenienti dal Sud Italia sono tra i migliori prodotti in Europa. Se in Europa si vuole offrire questo tipo di alimenti, è piuttosto stupido che ogni singola azienda debba gestire da sola la filiera con i produttori. È molto costoso avere un’intera filiera certificata biologica.
Secondo me, collaborare sarebbe molto più efficiente per tutto il sistema. EcorNaturaSì può mettere energie nel supporto e controllo dei produttori attraverso i propri agronomi, e poi la produzione può essere condivisa con tutte le catene. Lo stesso vale per le mele in Polonia o l’olio d’oliva in Spagna. Non come ufficio acquisti, ma come gestione di progetto. Però non è facile.

– Avete preso molte iniziative per collegare agricoltori e consumatori tramite alcuni vostri prodotti…

Abbiamo più di dieci agronomi e più di 15 persone dedicate al sistema di controllo qualità. Facciamo un doppio controllo. Oggi, con la crisi climatica, l’agricoltura è una sfida. Dobbiamo sostenere gli agricoltori nella pianificazione, nella rotazione delle colture e nella selezione dei semi. Se i semi sono selezionati per l’agricoltura convenzionale, non sono adatti per il biologico. I semi biologici sono più forti e sono in grado di penetrare più a fondo nel terreno per trovare nutrienti e acqua. I semi convenzionali invece sono abituati ad avere tutto intorno a loro e rimangono fermi ad aspettare fertilizzante e acqua.
Questa lunga filiera, chiamata Farm to Fork, va in realtà dai semi fino allo stomaco. Il nostro obiettivo è il cibo sano, oltre che l’agricoltura sana. Perché fermarsi alla forchetta o al tavolo? Bisognerebbe arrivare fino alla bocca, allo stomaco, all’intestino.

– Qual è la strategia e lo sviluppo di EcorNaturaSì per il prossimo futuro?

Abbiamo due obiettivi. Il primo è diventare migliori retailer, gestire i negozi in modo corretto ed efficiente. Negli ultimi 20 anni abbiamo lavorato molto per aiutare i negozi a gestirsi al meglio (marketing, gestione, vendite, metri quadri, ecc.). E continuiamo a migliorare. Forniamo loro strumenti, processi e best practice di marketing. Li supportiamo anche nella scelta dell’assortimento e nella presentazione dei prodotti in negozio. Offriamo supporto informatico, contabilità e gestione del personale, perché per avere l’impegno delle persone bisogna pagare il giusto salario. Abbiamo più di 25 persone dedicate solo al controllo di gestione dei negozi. Abbiamo circa 350 negozi in Italia, tra diretti e affiliati, e vogliamo continuare a supportarli.
Il secondo obiettivo è questo: senza consumatori non c’è denaro per sostenere l’agricoltura. Ma gli agricoltori sono attualmente la parte più debole della filiera. Il reddito che ricavano non è sufficiente a sopravvivere.

"Se riusciremo a essere trasparenti con il consumatore, il consumatore diventerà parte del 
nostro ecosistema. Ed è questa la vera rivoluzione."

Anche se noi paghiamo gli agricoltori il 20-30% in più rispetto al mercato, non è ancora abbastanza. Quindi il nostro obiettivo strategico è trovare ulteriori flussi di entrate per gli agricoltori, non pagati solo dai consumatori. Gli agricoltori biologici e biodinamici sono in grado di immagazzinare CO2 nel suolo, offrendo un servizio ecosistemico per il Pianeta. Se si riesce a misurare questa capacità e a tradurla in una fonte di reddito aggiuntiva, per esempio attraverso la vendita di certificati di carbonio a chi deve compensare le emissioni, è un’ottima opportunità.
Questo significa che l’agricoltore biologico offre servizi positivi aggiuntivi al mondo, che il sistema dovrebbe riconoscere e pagare. È molto importante, perché indica un sistema che premia la biodiversità, che è la medicina per l’agricoltura del futuro.
Stiamo coinvolgendo molti scienziati per misurare la biodiversità e fornire dati concreti. Ora c’è una nuova regolamentazione europea che sta cercando di organizzare questo tipo di servizi ecosistemici come fonte di reddito aggiuntivo per gli agricoltori.

– EcorNaturaSì è ora proprietaria di BiotoBio Ibérica, e in Italia avete venduto la partecipazione in BiotoBio a Probios.

Vogliamo concentrarci sul retail, investire nei negozi, migliorare la gestione e attrarre i consumatori. Perché se hai i consumatori nel tuo ecosistema, puoi cambiare il mondo. Se il consumatore è fuori dal tuo ecosistema, sei molto simile a una grande catena.
Quindi, l’idea è creare un nuovo concetto di retail, non solo domanda e offerta.
Avevamo la maggioranza di BiotoBio, ma è un business B2B, quindi non ha il consumatore davanti come nel B2C. Abbiamo preferito semplificare la nostra attività e concentrarci sul retail, utilizzando i fondi derivanti dalla cessione per investire nei negozi.
Il biologico, in realtà, non è un prodotto: è un movimento culturale
. Il prodotto è solo una piccola parte. Vogliamo promuovere uno stile di vita biologico, e l’unico modo è avere il consumatore dentro l’ecosistema, non fuori.

– Quali sono le principali sfide e opportunità che il biologico sta affrontando oggi?

Noi puntiamo sulla trasparenza, perché vogliamo che il consumatore stia con noi. Adam Smith, il fondatore del capitalismo di due secoli fa, diceva che il prezzo è determinato da una “mano invisibile”, quindi il prezzo è una sorta di segreto nell’attività commerciale. Ma questa idea è sbagliata. Il prezzo deve essere trasparente. Questo è molto dirompente e complesso. Negli ultimi due anni abbiamo lavorato su questo aspetto. Se riusciremo a essere trasparenti con il consumatore, il consumatore diventerà parte del nostro ecosistema. Questa è la vera rivoluzione.

Oriol Urrutia, Co-Editor Bio Eco Actual 

Notizie da GreenPlanet

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