Euro Company: al debutto le noci bio italiane di Econoce

Marco Casadei

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Cresce del 50% ogni anno il mercato italiano biologico di Euro Company mentre, nell’export, la linea de ‘I fermentini’ funge da apripista per l’apertura di nuovi mercati europei. Da qualche anno, l’azienda romagnola è guidata dal concetto di Qualità Etica, che si sviluppa attraverso 4 pilastri: il controllo e la tracciabilità della filiera, il rapporto di partnership di lungo termine con i produttori, la remunerazione equa e la condivisione di attrezzature e know-how. Attraverso questo concetto, nei mesi scorsi  Euro Company ha stipulato un accordo di filiera con un’organizzazione di produttori di noci biologiche che si trovano nella zona del Delta del Po: nelle prossime settimane, queste noci saranno sugli scaffali col brand Econoce.

Ne parliamo con Marco Casadei, responsabile marketing per il bio e per l’export, dell’azienda di Russi in provincia di Ravenna, in un’intervista esclusiva per GreenPlanet

– Come sta andando il mercato del settore Biologico di Eurocompany?
“Il settore del Bio, per il quale abbiamo creato il brand ‘Econoce’, è molto importante per la nostra azienda – ci spiega Casadei – e, oggi, rappresenta il 15% del fatturato che, nel suo totale, è di 110 milioni di euro. La metà dei nostri prodotti Bio sono destinati al mercato italiano, dove stiamo crescendo del 50% anno su anno, soprattutto nei negozi specializzati. L’altra metà del business del Bio si realizza in Europa, soprattutto in Olanda, dove siamo partiti quest’anno, e in Belgio, dove siamo partiti 3 anni fa e dove, nel 2021, abbiamo registrato una crescita del 10% sul 2020”.

– Con quali referenze della vostra produzione, presidiate il mercato biologico?
“Con tutte. Lavoriamo con frutta secca naturale, tostata, con referenze per gli acquisti di impulso destinate all’avancassa, con la linea de ‘I Fermentini’ e, da quest’anno, anche con le creme spalmabili a base di frutta secca. Ad aprile abbiamo lanciato quelle a base di nocciole tostate, mandorle, arachidi e anacardi, mentre a settembre siamo partiti con due nuove referenze, rispettivamente, a base di pistacchio e di mandorle sbucciate. In pratica siamo andati a coprire tutti i modi di consumo di questo tipo di prodotti. Peraltro, il formato delle creme ha una particolarità”.

– Quale?

“Sono confezioni da 300 grammi, un quantitativo superiore a quello che c’è oggi sul mercato dove i vasetti sono, mediamente, da 175 grammi”.

– Avete nuovi progetti in cantiere?
“Grazie a un accordo siglato con una Organizzazione di Produttori del Delta del Po, nelle prossime settimane lanceremo 2 nuove referenze a marchio Econoce. Le noci biologiche italiane arriveranno nei negozi specializzati col nostro brand Econoce in due formati differenti: uno da 350g e uno da 5kg”.

– Da cosa nasce questo accordo?
“Questo accordo nasce dal nostro protocollo di Qualità Etica che delinea un percorso che ci porta a creare relazioni dirette e durature con i nostri fornitori di materie prime: una strategia che ci permette di valorizzare il prodotto e al tempo stesso la
vita di chi lo coltiva e il suolo che lo nutre. Instaurare rapporti diretti con fornitori scelti, misurati e responsabilizzati sui nostri valori di etica e sostenibilità, senza passare attraverso intermediari ci assicura infatti una filiera trasparente e realmente tracciabile”.

– Quali sono le vostre strategie per l’export?
“Lavoriamo soprattutto sul mercato europeo ma il discorso export si complica perché la frutta secca è, genericamente, considerata una commodity. Pesa molto l’incidenza del costo di trasporto sul prezzo del prodotto. Questo ci rende meno competitivi rispetto alle aziende che hanno base nei mercati di destinazione. Ogni Paese ha i propri grandi player locali. Quello che ci permette di distinguerci, anche se con livelli di crescita più contenuti rispetto a quelli che registriamo sul mercato italiano, sono, ad esempio, i prodotti ad alto contenuto innovativo, come I Fermentini , la nuova categoria lanciata nel 2017. Con questi prodotti puntiamo ad espandere il nostro mercato di export anche, ad esempio, in Francia e Germania. Sono le
referenze che esportiamo maggiormente, nelle insegne specializzate, rivolte ad un consumatore più evoluto”.

– Avete iniziato a ragionare su come gestire, nel settore Bio, la concorrenza della GDO che, stante le ambizioni del New Green Deal europeo, per forza di cose è destinata ad aumentare la quota di prodotti Bio con tendenze facilmente ipotizzabili, alla riduzione dei prezzi sia in rapporto al prodotto convenzionale sia
rispetto agli stessi negozi specializzati Bio?
“Penso che, nel futuro, la categoria Bio, in sé e per sé, non sarà il vero fattore differenziante. La partita dei negozi specializzati si giocherà sul fatto che dovranno fare una selezione ancora più accurata dei fornitori. Oltre alla certificazione Bio, che non basterà più, ci dovranno essere altri plus quali ad esempio il fatto che la produzione sia locale o, ancora, il rapporto più diretto con i consumatori che hanno i negozi specializzati, di solito di piccole metrature, rispetto alle grandi insegne”.

Mariangela Latella

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