Come dovrà essere riformato il sistema europeo per lo scambio delle quote di emissione, conosciuto come ETS (Emissions Trading System)? Il meccanismo si sta dimostrando da alcuni anni inefficace con un prezzo della CO2 in picchiata per eccesso di offerta di quote che negli ultimi mesi ha raggiunto i suoi minimi storici (circa 3 euro/tonnellata CO2), addirittura dimezzandosi dalla fine di ottobre. Sulle cause di questa debacle e sulle necessarie rimodulazioni del meccanismo, anche nell’ambito delle strategie nazionali su clima ed energia, si è parlato nei giorni scorsi a Roma nel corso del workshop ‘Riforma del sistema europeo per lo scambio di quote di emissione’, organizzato da Kyoto Club in collaborazione con il GSE.
Le diverse opzioni di revisione dell’ETS sono state delineate a novembre 2012 dalla Commissione Europea nel documento "The state of the European carbon market in 2012". Il documento è in consultazione fino al 28 febbraio ed è probabile che entro l’estate si raggiunga un compromesso per un meccanismo meno fragile e più efficace soprattutto in un quadro economico fortemente mutato. La parola d’ordine nel corso dell’incontro è stata quella di fare presto, perché non avere un segnale di prezzo significativo per la CO2 renderebbe questo strumento non gestibile e di fatto inutile.
Per la Commissione europea ci sono da valutare alcune proposte di misure immediate e di misure strutturali. Tra quelle immediate, il cosiddetto ‘back loading’ che consiste nell’accantonare quote (circa 900 milioni di tonnellate di CO2) nel periodo 2013-2015, cioè nel corso della prima parte della fase 3 dell’ETS, per restituirle poi nel 2019-2020. Ciò potrebbe consentire un rialzo dei prezzi nel breve periodo. Ma non tutti sono d’accordo che questo espediente isolato possa essere la soluzione migliore per la sopravvivenza del sistema nel medio periodo.
Sebastiano Serra, Capo segreteria tecnica del Ministro dell’Ambiente, che ha annunciato il Consiglio di Ministri che procederà al recepimento della direttiva europea 29 per il terzo periodo dell’ETS, ha detto che sulla questione del back loading il governo ha una posizione chiara: ‘rimettere sul mercato a fine decennio quote per circa 900 Mt di CO2 potrebbe essere dannoso a meno che non sia a beneficio di nuovi entranti e di nuove tecnologie’. Ha aggiunto, inoltre, che sarà ‘fondamentale dare certezza alla normativa e non modificare le regole in corso’.
‘Su scala nazionale il Piano Clima e la revisione della Strategia Energetica Nazionale (SEN) del governo potranno portare ad una razionalizzazione degli strumenti alla luce degli obiettivi’, ha detto Sara Romano, Direttore generale per l’energia del Ministero dello Sviluppo Economico e Presidente Comitato ETS. ‘Finora le misure non sono state coordinate tra loro – ha aggiunto – con una sovrapposizione tra incentivi alle rinnovabili e all’efficienza energetica. Razionalizzare gli strumenti, sostenere nel breve il meccanismo ETS e attuare riforme strutturali armonizzate a livello nazionale ed europeo sono i punti fermi da perseguire’.
Per Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club, ‘il back loading da solo non potrà essere efficace, ma dovrà essere accompagnato da un rialzo degli obiettivi al 2020 al 30% della riduzione delle emissioni. Inoltre bisogna tenere presente il fatto che negli anni passati diverse industrie italiane hanno avuto fin troppi vantaggi da questo sistema che non ha portato ad un vero processo di riduzione delle emissioni di gas serra. Ora serve un cambiamento forte, altrimenti il sistema ETS perde significato’.
‘Rinnovabili, efficienza ed emissioni – ha dichiarato Nando Pasquali, presidente e amministratore delegato del GSE – richiedono un approccio strategico integrato per il Sistema Italia. Il GSE, di recente nominato responsabile del collocamento delle quote italiane di emissioni nell’ambito del nuovo sistema d’aste nell’ETS, è a supporto delle istituzioni per consentire all’Italia di raggiungere con successo gli obiettivi clima-energia nel percorso di riforma post-2020’.
Innovativa la visione di Tullio Fanelli, sottosegretario Ministero dell’Ambiente, che propone un sistema diverso dall’ETS e che preveda di associare la tassazione della componente di carbonio presente in ciascuna merce. Un sistema che preveda, appunto, la tracciabilità della quota di CO2 presente in ogni prodotto, la riconoscibilità di questa quota da parte dei consumatori, e infine la fiscalità. Per quest’ultimo aspetto si propone una sorta di ‘carbon detax’: tassare i prodotti in base alla loro componente di carbonio e detassare quelle merci che si producono con meno CO2. Una modalità interessante anche se al momento di complessa applicabilità.