Prima della pandemia il biologico mondiale cresceva per fatturato, numero di aziende e superfici coltivate, facendo segnare un nuovo anno record per il settore. Lo dicono i numeri presentati dall’Istituto svizzero FiBL e da IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements) in occasione di Biofach, la fiera internazionale del bio tenutasi a Norimberga, in forma digitale, dal 17 al 19 febbraio scorsi.
Nel rapporto The World of organic agriculture appena presentato e basato su dati 2019 (quindi nell’anno che ha preceduto il 2020 della pandemia), si registrano 106,4 miliardi di euro di fatturato complessivo, con 3,1 milioni di produttori (in crescita del 13% in un anno) e 72,3 milioni di ettari coltivati con i metodi dell’agricoltura biologica in tutto il mondo, anch’essi in aumento dell’1,6%.
L’Australia è il primo Paese al mondo per superficie coltivata bio, l’India per numero dei produttori mentre i primi tre mercati globali per vendite sono Stati Uniti (44,7 miliardi), Germania (12 miliardi) e Francia (11,3 miliardi).
“Il quadro del biologico mondiale delinea un fenomeno diffuso e di successo”, ha commentato Fabrizio Piva, amministratore delegato CCPB, in una nota diffusa dall’ente certificatore.
L’Italia occupa una posizione di vertice e contribuisce alla crescita del mercato dell’Unione europea, che nel 2019 è aumentato dell’8% fino a 41,4 miliardi di euro. Il nostro Paese (i cui dati sono già aggiornati al 2020) è infatti il primo Paese dell’Ue per numero di produttori con oltre 80.000 aziende, seguito nel continente da Turchia (74.000), Francia (47.000) e Spagna (42.000). L’Italia è inoltre il terzo Paese in Europa per superfici coltivate (oltre 2 milioni di ettari), ma addirittura il quinto al mondo per mercato interno con 4,3 miliardi di euro di vendite dopo USA (44,7 mld), Germania (12 mld), Francia (11,3 mld) e Cina (8,5 mld).
Forte anche il nostro export, che vale 2,6 miliardi di euro.
“Anche nel settore del bio – ha continuato Piva – il nostro Paese ha la capacità di proporsi sui mercati internazionali ed essere riconosciuto per la qualità e affidabilità dei suoi prodotti. Dal punto di vista della certificazione significa che anche il servizio offerto da organismi come CCPB, deve essere progettato in ottica globale: deve essere accreditato, autorizzato dalle autorità pubbliche o istituzioni private in tutto il mondo per consentire alle aziende italiane di far arrivare ovunque i loro prodotti”.
Fonte: Ufficio Stampa CCPB