Carnemolla: sconfitta la cupola del malaffare

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Riceviamo dal presidente di Federbio, Paolo Carnemolla, e volentieri pubblichiamo:

‘Caro Direttore,

 

sai quanto io personalmente e la Federazione che rappresento siamo impegnati e esposti nella battaglia contro la delinquenza che ha infiltrato alcuni ambiti del mercato dei prodotti biologici in Italia con riflessi e agganci a livello internazionale.

Anche per questo abbiamo una conoscenza diretta di alcuni fatti che sono stati oggetto delle recenti operazioni delle Procure di Cagliari e di Pesaro e, proprio per questo, permettimi di dissentire rispetto al titolo e all’impostazione del tuo editoriale dello scorso 12 giugno.

E’ vero, negli anni scorsi ha agito una ‘cupola’ di affaristi che ha architettato una frode rilevante nell’ambito del commercio di cereali e materie prime per mangimi, infiltrata nel sistema commerciale e in qualche organismo di certificazione, con contatti e appoggi probabilmente anche nel sistema pubblico che gestiva le autorizzazioni alle importazioni e che avrebbe dovuto e potuto intervenire per tempo per stroncare il flusso di merce dall’Est Europa.

Ma questa ‘biomafia’ è stata individuata, perseguita e isolata almeno sul versante privato fin dall’operazione Gatto con gli Stivali, di cui l’inchiesta di Cagliari è l’origine vera anche se i tempi della Procura di Verona sono stati assai più brevi, per poi essere definitivamente (speriamo) neutralizzata con l’operazione Green War.

Che ha preso le mosse dagli spunti investigativi segnalati da FederBio fin da giugno 2012 e che completa e prosegue il lavoro delle Procure di Verona e di Cagliari, in attesa che anche la Procura di Bologna completi le proprie indagini. I nomi sono quelli noti e sono sempre quelli i responsabili principali, così come le aziende e gli organismi di controllo coinvolti, di cui uno (ICS BIOZOO) apparentemente costituito appositamente nel quadro del disegno criminale, il cui ‘braccio commerciale’ si era spostato nel 2012 dalla bassa veronese all’isola di Malta.

Possiamo dunque dire che questa ‘biomafia’ è stata messa in condizione di non nuocere, anche se con più tempo e sforzo di quello che sarebbe stato necessario se avessimo avuto un’Autorità competente nazionale capace di svolgere il proprio dovere almeno una volta che la Magistratura era già scesa in campo. Dunque il ‘malaffare’ non sta ‘entrando sempre più nel biologico’ ma, piuttosto, da questo settore si sta cominciando a espellerlo; e forse anche – per quanto riguarda certi nomi – già espulso.

Con molto lavoro ancora da fare rispetto a un malaffare meno ‘mafioso’ e organizzato quale quello della ‘cupola’ già inchiodata dalla Magistratura ma con una ‘road map’ definita e la principale organizzazione interprofessionale del settore, FederBio, determinata a realizzarla senza alcun timore e con volontà assoluta del suo gruppo dirigente. Nonostante le resistenze, che vengono anzitutto dall’Autorità competente nazionale di settore incardinata su una Direzione Generale e un ufficio del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali il cui operato fin dai tempi della vicenda Gatto con gli Stivali si è dimostrato essere omissivo quando non contrario ai propri doveri.

A meno che non si ritenga normale che un dirigente pubblico possa mentire anche alla Magistratura e all’Autorità di polizia giudiziaria, oltre che a un intero sistema e che, nonostante questo, possa continuare a stare al suo posto continuando a gestire in maniera totalmente discrezionale le attività di competenza e le risorse pubbliche destinate a programmi rilevanti come quello sull’informatizzazione degli adempimenti burocratici per le imprese del settore.

O che allerta e richieste possano essere semplicemente ignorate, come se per una Pubblica Amministrazione fosse solo questione di cortesia rispondere alle imprese e a chi le rappresenta, senza quindi che vi sia nei fatti alcun coordinamento efficace né fra gli attori del sistema di controllo e certificazione e nè con chi rappresenta e tutela le imprese oneste.

Non collaborando, quindi, rallentando un’efficace e tempestiva azione di contrasto e repressione delle frodi così come il presidio di situazioni di crisi come quella che si è determinata di recente con la scoperta di contaminazione da chlormequat nella soia importata dall’India. In altri termini trovo veramente inopportuno e ingeneroso in questo caso attribuire ai soli difetti e limiti dell’attività di controllo esercitata dagli organismi autorizzati la responsabilità di un problema che sta, invece e anzitutto, in capo a un’Autorità pubblica che costa una quantità impressionante di denaro speso in stipendi altissimi di dirigenti ‘assenti’, consulenti e progetti d’informatizzazione meritevoli solo di indagini da parte della Corte dei Conti e che non svolge adeguatamente il proprio dovere.

Per colpa o per dolo sarebbe interessante scoprirlo, visto che si tratta di persone tutte beneficiate nella loro carriera dalla vicinanza con il ‘centurione’ Giuseppe Ambrosio, ritenuto dalla Procura di Roma al vertice di un sistema di corruzione che ha pervaso per anni le attività del Ministero in questione. Se vogliamo parlare di legalità, come ha fatto di recente l’attuale Ministro illustrando le proprie linee programmatiche in audizione alla Camera dei Deputati, parliamo di questo scandalo nazionale che sta compromettendo il futuro del biologico italiano e gli sforzi per ripulirlo dal malaffare e renderlo competitivo nel mondo.

E lasciamo stare le ‘biomafie’, ora che il padrino è finalmente indagato e con la Guardia di Finanza e la Procura di Pesaro alle calcagna. Oltre che FederBio, da anni ormai.

Cordialmente

Paolo Carnemolla’

 

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