Seicento soci, novecento ettari vitati, di cui trecento biologici o in conversione, nonostante la complessità di uve, terreni, microclimi, esposizione ed altitudini. Il più vasto appezzamento biologico del Trentino: il 10% della superficie bio della provincia di Trento. Una cantina che narra la storia non solo della propria evoluzione ma di quella di un territorio, la Valle dei Laghi. Vini di qualità e fortemente identitari, ecco la proposta di questa affermata realtà che, nonostante le dimensioni, fa del lavoro manuale l’essenza del proprio quotidiano, basti pensare a questo dato: la quasi totalità di soci dispone, singolarmente, di un ettaro o meno di terreno.
Giovanni Brumat, Brand ed Export Manager di cantina Toblino, ci ha fatto conoscere questa realtà di di Madruzzo (TN), a tutto tondo: un raffinato pranzo all’Hosteria Toblino, un piccolo gioiello del design sostenibile, una corroborante passeggiata tra i filari di viti, circondati dalle sapienti montagne, e una visita in cantina, passando per l’archivio storico e lo shop.
Unire le forze… e diventare punto di riferimento della Valle dei Laghi…
Valle dei Laghi. 1960. Circa una cinquantina tra viticoltori e proprietari terrieri desiderosi di dare nuova luce e benessere a questo territorio. Ecco come nasce Cantina Toblino. “Inizialmente si trattava di un centro di raccolta delle uve dei diversi proprietari di terre limitrofe al lago di Toblino, ma già nel ’63 si cominciò a produrre i primi vini in bottiglia”, racconta Brumat. I primi vini? Principalmente da uve Nosiola e Schiava: vini quotidiani, a bassa gradazione alcolica, che venivano realizzati in grandi vasche di cemento.
Nel ’65 si è iniziato a produrre il primo Vino Santo di cantina Toblino, poi uscito nel ’71. Più di cinquant’anni sono trascorsi dalla nascita di questa bottiglia, la più storica conservata nell’archivio di Cantina Toblino. Mezzo secolo in cui la storia della viticoltura del Trentino e della valle dei Laghi è stata scandita da evoluzioni di cui Cantina Toblino è stata interprete puntuale e preparata: “negli anni ‘70 e ’80 si è assistito all’avvio di una viticoltura sempre più internazionale, sia per vitigni, che a livello di esposizione all’estero dei vini italiani”. È in queste decadi che iniziano ad affermarsi vitigni come lo Chardonnay, Pinot Grigio, o vitigni aromatici come Gewurtraminer, Muller Thurgau o i rossi come Pinot Nero, Lagrein.
Un capitolo rilevante è, poi, quello che vede come protagonista la prima denominazione in Italia legata al metodo classico, e la seconda al mondo dopo lo Champagne: la DOC Trento. L’ufficialità della denominazione viene sancita solo nel 1993, ma questo vino ha radici più profonde.
Come documentato, già nel 1899, si produceva a Calliano uno Champagne A. Valentini. Giulio Ferrari poi, consolidò l’idea vincente di produrre anche in terra trentina un vino “spumeggiante” come quello prodotto in Francia.
Sulla scorta del ruolo che lo spumante ritagliatosi sempre di più nella viticoltura, in queste terre, lo chardonnay che prende il sopravvento sugli altri vitigni e diventa il primo vitigno piantato in Trentino, mantenendo questo primato fino a circa una decina di anni fa. Ma i colpi di scena non sono finiti, lo chardonnay ha infatti poi ceduto il passo al Pinot Grigio.
È alla fine degli anni ’90 che la Cantina prende in gestione l’Azienda Toblino SRL.
Nel 2018 viene poi concretizzato il progetto Vènt, che persegue l’obiettivo di esprimere al meglio l’identità dei vini della Valle dei Laghi ed il savoir-faire di Cantina Toblino.
Al netto dei 38 ettari dell’azienda agricola Toblino e dei terreni dei soci di maggioranza, risulta che ogni socio dispone di circa un ettaro, “alcuni dispongono di pochi ettari, e coltivano i campi dietro casa, quindi il lavoro manuale è il nostro quotidiano”.
Biologico
“L’idea del bio comincia a ritagliarsi spazio e a prendere forma circa una quindicina di anni fa e si concretizza attorno al 2012 – spiega Brumat – circa 300 ettari dell’azienda sono biologici o in conversione: considerando la complessità di uve, terreni, microclimi, esposizione ed altitudini, è un gran punto di partenza”.
Il biologico per Cantina Toblino non è inteso unicamente come trend di qualità solo per le uve ed il vino, “ma anche per l’ambiente, e per le persone che vivono in quell’ambiente, si inserisce in un concetto più ampio di sostenibilità”, senza la quale il biologico non può garantire una serie di altre tutele per l’ambiente, l’economia e la società.
Ecco che viene offerta una visione di biologico come parametro di concreta realizzazione della sostenibilità dal punto di vista produttivo.
Da Fora Manzoni Bianco, Foll Chardonnay, Praal Pinot Bianco, Baticor Pinot Nero e Las Lagrein ad oggi sono i fiori all’occhiello del progetto biologico di Cantina Toblino: che si affiancano ad una decina di referenze della linea classica.
“Gli ultimi progetti in divenire sul bio sono legati al Trento DOC, e alla Nosiola – spiega Brumat – quest’ultimo è un progetto arduo, per la fragilità di questo vitigno e la sensibilità ad alcune malattie della vite”.
La quasi totalità della produzione di Cantina Toblino transita per il canale HORECA Italia. L’estero rappresenta oggi una fetta del 10%, che negli anni continua a crescere: “Siamo sempre stati molto forti in Italia e rivolgersi all’estero è per noi un modo per far conoscere sempre di più il nostro brand ed incrementare le vendite”.
Sostenibilità e Progetto Impetus
Brumat pone l’accento su un aspetto critico legato a queste tematiche: l’attenzione verso il biologico e tutto ciò che prende a riferimento l’ambiente e la sostenibilità è sempre più forte, “ma permane anche grande disinformazione”.
“La sfida è giungere ad una definizione univoca, precisa e condivisa di questi temi che rappresenteranno il futuro, se sapranno inglobare il concetto di qualità per le persona, la comunità, i prodotti, il processo, i servizi”, afferma Brumat.
In questo senso, appare interessante la partecipazione di Cantina Toblino al progetto europeo Eurac-Impetus, che avrà un orizzonte temporale di 5 anni, e pone il focus sul cambiamento climatico: “La viticoltura e l’agricoltura in generale possono dare un supporto, mostrando cosa significa avere un basso impatto ambientale, sviluppando e diffondendo best practices, trovando soluzioni che siano modelli riproponibili in altri contesti, ed informando non solo gli addetti ai lavori, ma facendo divulgazione”.
Biodistretto Valle dei Laghi
Cantina Toblino ha contribuito alla fondazione del Biodistretto Valle dei laghi, assieme a diversi enti pubblici e privati: “La viticoltura è molto più propensa a pratiche sostenibili, biologiche e a basso impatto ambientale, ma in Trentino sono presenti anche diverse colture frutticole più intensive. Di conseguenza l’utilizzo di fertilizzanti in queste colture può avere un grande impatto anche sulla viticoltura e può contaminare le pratiche biologiche; risulta quindi fondamentale trovare una quadra su tutto”.
Scrivere il presente ed immaginarsi il futuro
“Qualità, sostenibilità e persone” sono le parole con cui Cantina Toblino scrive il presente e vuole immaginarsi il futuro. A queste se ne aggiunge una quarta che in molti osteggiano, perché non contemplano gli upgrades qualitativi che garantisce: innovazione. “Dico sempre: per spostarci usiamo il calesse? Non mi pare. Così in viticoltura, inteso come campagna, e in enologia, intesa come cantina, non si può dire “si è sempre fatto così” – conclude Brumat – “quando l’innovazione porta qualità è un traino cui non si deve rinunciare”.
Stefania Tessari