Barbara Alfei, madrina della biodiversità: “Le varietà autoctone favoriscono l’olivicoltura biologica”

Gli Artigiani dell'extravergine

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“Chi entra nel mondo dell’analisi sensoriale non ne esce più! Una volta affinati i sensi, per qualsiasi prodotto, c’è sempre la curiosità di annusare, assaggiare, arricchire il proprio campo d’azione. L’olio è stato il mio primo grande amore, ma poi sono andata oltre e sono diventata assaggiatore di miele, formaggi, salumi, olive da tavola e ancora birra, cioccolato, pasta, caffè…”.

È questa Barbara Alfei, madrina della biodiversità partita dall’olivo e dall’olio, colei che instancabilmente ha cercato, studiato e diffuso le caratteristiche delle varietà autoctone. Fino ad essere stata eletta, per questo, “Donna dell’olio” nell’ambito del Premio Il Magnifico nel 2019. È stato grazie a lei che gli oli monovarietali sono diventati, per molti produttori, un’opportunità da spendere in un Paese che da tempo ha ceduto il primato della produzione mondiale. Barbara insiste proprio su questo: la carta da giocare è la peculiarità del nostro patrimonio olivicolo, unico al mondo con oltre 600 varietà.

È tra i più competenti assaggiatori a livello internazionale, nonché capo panel all’Agenzia per l’innovazione nel settore agroalimentare e della pesca delle Marche (Amap, ex Assam). Versa l’olio nel bicchierino blu, annusa, assaggia fino a riconoscere da quale tipo di oliva proviene un olio. Una capacità scaturita da un lungo percorso di passione e competenze acquisite nel tempo. Nell’ambito della Rassegna Nazionale degli Oli Monovarietali, ci ha pure infilato un gioco: “Indovina la varietà”.

Con Giorgio Pannelli che definisce “l’olivo in persona” e il compianto Antonio Ricci (per molti anni direttore scientifico di “Olivo e Olio” e tanto altro), venti anni fa ha promosso un progetto strategico in seno all’Amap.

“L’obiettivo è la riscoperta e la valorizzazione della biodiversità olivicola italiana – spiega – a partire dal recupero degli oliveti e delle varietà autoctone, facendo leva sull’identità territoriale e le caratteristiche peculiari degli oli italiani, attraverso le due manifestazioni di carattere nazionale: il Campionato di potatura dell’olivo Forbici d’oro per creare nuove professionalità in olivicoltura, e la Rassegna degli oli monovarietali, giunta quest’anno alla ventesima edizione”.

Un lavoro di squadra da cui è nata una banca dati unica al mondo (gestita da Amap e Ibe Cnr Bologna): attualmente contiene 3.875 campioni da 191 varietà e da 18 regioni italiane. La banca, aggiornata annualmente, fornisce informazioni sulle proprietà nutrizionali, salutistiche e sensoriali degli oli monovarietali.

– Hai coniato un nuovo concetto “una varietà, un olio, un territorio” introducendo in olivicoltura un termine che è sempre stato appannaggio della viticoltura: terroir.

“Vantiamo un patrimonio genetico dal valore inestimabile che – spiega – grazie al binomio indissolubile ‘varietà e ambiente di coltivazione’, garantisce prodotti unici e irripetibili, che si differenziano nelle caratteristiche compositive e sensoriali, fortemente radicati al territorio e in armonia con il paesaggio, arricchito di storia, cultura e tradizioni locali. Un’identità valorizzata dal terroir che può essere percepita ed apprezzata dal consumatore e dal mondo della ristorazione per un utilizzo sempre più consapevole in gastronomia. E dopo tanti anni di studi, ricerche, elaborazioni statistiche dei dati della Rassegna, ci sentiamo di poter dire che l’olio monovarietale può avvalersi del concetto di Terroir ripreso dal mondo del vino; il termine va al di là della banale traduzione della parola territorio, ma racchiude un concetto molto più ampio: una combinazione di tanti fattori che contribuiscono alla tipicità di un prodotto e lo rendono immediatamente riconoscibile, non solo fattori fisici e chimici, ma anche antropici e storici”.

– Da più parti si richiama l’esigenza di adottare criteri di sostenibilità ambientale: ritieni che la scelta di un’agricoltura biologica sia indispensabile per andare in questa direzione?

L’agricoltura biologica, per l’olivo, può e deve partire da scelte rispettose dell’ambiente come la composizione varietale nei nuovi impianti (le varietà autoctone danno maggiori garanzie di compatibilità ambientale) e da densità di impianto che consentano arieggiamento della chioma con minori problematiche fitosanitarie, potatura annuale, gestione oculata dell’irrigazione. Ma è fondamentale distinguere una olivicoltura gestita razionalmente con metodo bio, da una ‘fai da te’ in cui biologico vuol dire semplicemente ‘no trattamenti’ e l’olio come viene, viene, purché sia genuino. Tutti sappiamo che le problematiche legate alla mosca dell’olivo sono sempre più frequenti e che le infestazioni comportano, oltre a un calo della produzione, un’alterazione dei parametri chimici e sensoriali dell’olio. Non possiamo fingere che la mosca non ci sia o che non sia un problema. Sicuramente la ricerca va indirizzata sempre più verso metodi di difesa in bio.  

– Ci sono progetti nel tuo futuro “all’extravergine”?

Regalare ai produttori strumenti seri e concreti, basati su informazioni tecnico-scientifiche, per valorizzare i propri oli legati al territorio, alla storia, alla cultura e alle tradizioni, senza prescindere dagli aspetti qualitativi. Le pacche sulle spalle portano soddisfazione nell’immediato, gli innumerevoli premi servono per farsi belli sui social, alcuni anche per vendere, ma c’è bisogno di percorsi strutturati, seri e professionali. Sono fiduciosa che i progetti importanti possano portare lontano, nel mondo dell’olio vedo tanto entusiasmo, voglia di crescere e di costruire qualcosa di importante. Evviva l’olio extravergine di oliva….evviva il MONOVARIETALE!

Daniela Utili 

Info: 

– “L’olivo e vaso policonico – Terroir e sostenibilità”, Giorgio Pannelli e Barbara Alfei  (Edagricole, 2019)

– La banca dati aggiornata annualmente è consultabile sul sito www.olimonovarietali.it

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Notizie da GreenPlanet

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