Assocertbio: l’eccessiva burocratizzazione appesantisce il comparto

Cozzo - D'Elia

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Assocertbio, che riunisce gli operatori della certificazione del biologico, ha scelto Biofach per un confronto tra gli associati sui temi caldi del momento.
Le stime sui numeri di produttori certificati, ricavati basandosi sui dati dei certificatori associati, che insieme seguono il 96% delle aziende bio italiane, fotografano una situazione stabile. “Secondo i numeri raccolti dai nostri associati – ha spiegato Domenico Corradetti, direttore di Assocertbio – le aziende certificate sono cresciute di solo 100 unità tra il 2023 e il 2024, con un calo tra produttori esclusivi, preparatori esclusivi e importatori. Rapportando questo dato al totale del mercato italiano, possiamo stimare complessivamente 94.714 operatori, lo 0,29% in più rispetto al 2023”.

Non sono però state prese in considerazione, in questa analisi, le superfici, che potrebbero evidenziare una maggiore concentrazione della produzione. In questo contesto è necessario un confronto sulle problematiche aperte. “Il biologico è in frenata
rispetto agli anni precedenti – ha sottolineato Alessandro D’Elia, vicepresidente Assocertbio – non solo a livello numerico, ma come percezione del settore all’esterno e di interlocuzione con le istituzioni. In un momento così sono diversi i fronti su cui lavorare. In primis bisogna trovare soluzioni per retribuire meglio gli agricoltori. Noi come enti certificazione possiamo fare ben poco, se non calmierare i costi di certificazione, che per un’azienda di 30 ettari sono intorno allo 0,8%
della produzione lorda vendibile aziendale, un dato in linea con 15 anni fa, Un altro problema è il costo del prodotto a scaffale: le famiglie non riescono a sopportare certi prezzi. C’è poi il tema delle informazioni al consumatore sul biologico e qui come certificatori possiamo fare la nostra parte, insieme alle associazioni di categoria. Infine c’è l’impatto delle prese di posizioni istituzionali che condizionano il settore. Da 50 anni si parla di sburocratizzazione, ma negli ultimi anni gli
interventi normativi non hanno semplificato, anzi”.

“Già nel 2020 – è intervenuto Riccardo Cozzo, presidente di Assocertbio – lanciammo l’allarme sull’impatto che avrebbe avuto sui produttori la nuova normativa sui controlli. Sembra quasi esserci un atteggiamento persecutorio, una presunzione di colpevolezza nei confronti degli operatori del bio. L’assunto che effettuare più controlli formali equivalga a una maggiore efficienza è completamente fuorviante. Bisogna migliorare la sorveglianza, renderla effettiva sul campo e meno formale. In una situazione di costi in aumento e di reddito in calo, il peso burocratico è eccessivo. L’approccio poco collaborativo dell’attività di sorveglianza è poco valorizzante sul ruolo degli enti di certificazione. Non accetteremo più la mancanza del rispetto del nostro lavoro, anche se siamo coscienti che è giusto ci sia una sorveglianza su come operano gli organismi”.

Una questione particolarmente spinosa è il ruolo di Accredia che, seppure abbia contribuito alla crescita delle certificazioni nel biologico, oggi non riesce ad appropriarsi della propria carica di vigilanza, risultando debole rispetto ad altri enti. Queste sovrapposizioni nelle funzioni di controllo appesantiscono ulteriormente il sistema, facendo perdere efficienza.
Uno spunto provocatorio potrebbe essere quello di attivare un sistema di autoregolamentazione interno che costerebbe meno e sarebbe più efficace, riducendo il peso della burocrazia sul comparto del biologico.

Un altro tema con cui il comparto deve fare i conti è la perdita del valore del biologico, che troppo spesso viene fatto coincidere dal consumatore finale solo con l’assenza di residui. Questo porta a una competizione con i prodotti a residuo zero, che però non sono gravati dagli stessi oneri del biologico. “Il biologico non è definito solo da questo aspetto – ha sottolineato Cozzo – ma dall’uso di determinate tecniche colturali, da migliori valori nutrizionali, dalla promozione delle biodiversità. Purtroppo manca in questa fase la capacità di comunicare questi valori al consumatore finale. Il nuovo marchio del biologico italiano potrebbe essere l’occasione per rilanciate i pilastri su cui il biologico si fonda, se non lo facciamo rischiamo che questo marchio si svuoti di valore. Sono fiducioso che, mettendoci a lavorare insieme, si possano ottenere dei risultati”.

Il rapporto tra agricoltura e green deal – ha aggiunto Francesco Giardina, direttore di Coldiretti Bio – è epocale e il bio dovrebbe guardarlo con attenzione. Potrebbe essere un’occasione da sfruttare per riuscire a recuperare la transizione del mondo agricolo. La percezione del biologico è legata anche a come viene vissuto il concetto di sostenibilità”.

Elena Consonni

Notizie da GreenPlanet

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