Ambiente, etica e solidarietà a braccetto con il bio. Il caso Brio

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Con un fatturato 2018 di 76 milioni di euro, 45 mila tonnellate di output, 443 aziende agricole associate e 1.690 ettari in produzione, Brio è dal 1989 una delle aziende di punta del biologico nello scenario ortofrutticolo italiano.

“Contribuire alla crescita dell’agricoltura biologica, nel rispetto dell’ambiente e delle persone che in esso vivono e lavorano, è da ormai 30 anni la nostra mission aziendale”, ha ricordato Andrea Bertoldi, direttore affari generali di Brio SpA, nel corso dell’evento “Conoscere il Biologico” organizzato lunedì 14 ottobre da GreenPlanet in collaborazione con la Fondazione FICO.

“Ma come riuscire a creare valore per tutti gli attori della filiera senza venir meno ai propri principi?” si è chiesto Bertoldi. “Si tratta di una delle sfide più ostiche e importanti che ambiamo davanti: per farlo non si può prescindere dallo sviluppare una forte politica di marca. Brio per questo dal 2011 è socia di Alce Nero, prima marca del bio per notorietà spontanea (fonte Nielsen); insieme collaboriamo giorno dopo giorno ad un nuovo concetto di ortofrutta: buona, bio e fresca, puntando sul piano tecnico della produzione quanto su quello edonistico legato al marketing”, ha precisato il manager.

Valorizzare il brand per Brio e Alce Nero significa anche perseguire quei valori etici ed equo-solidali che da sempre contraddistinguono il loro modo di fare impresa. Un esempio su tutti il progetto condiviso con Agrintesa, nel cui gruppo Brio è entrata, e Coopermondo, denominato Ananas Dolcetto Bio. Si tratta di un’iniziativa volta a sostenere lo sviluppo dell’agricoltura cooperativa in Togo, aiutando migliaia di piccoli agricoltori ad esportare un prodotto di valore come l’ananas della varietà Pain de Sucre al giusto prezzo di mercato, garantendo una fonte di reddito certa e duratura nel tempo.

“Dopo due anni di test  – ha voluto precisare Andrea Bertoldi – il progetto è stato approvato dall’Agenzia Italiana della Cooperazione e dello Sviluppo. Ora tutto è pronto per passare allo step successivo, ovvero lo sviluppo di infrastrutture e di un sistema di logistica in questo piccolo Paese dell’Africa Occidentale che è il Togo. Si partirà con l’invio in Europa di due tonnellate di ananas a settimana per poi implementare via via le quantità”.

Chiara Brandi

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