La Fiera SANA di Bologna si è appena conclusa. La vetrina del bio in Italia dovrebbe essere tutta lì. Io ricordo con piacere le edizioni del SANA di inizio anni 2000 con una partecipazione compatta e convinta da parte della parte produttiva del biologico in Italia.
Gli agricoltori biologici c’erano e si facevano sentire anche in sede di dibattiti e convegni, ma soprattutto c’erano nei corridoi della fiera di Bologna. Il segnale era chiaro: tutto quello che viene proposto nel beauty e nel food biologico ha una partenza: gli agricoltori e produttori agricoli biologici. Nessuna crema di bellezza bio può essere prodotta senza gli estratti vegetali, nessun pesto bio può essere messo in vasetto senza che un agricoltore abbia prodotto basilico, aglio, olio ecc. I corridoi erano pieni di “gente della terra”, agricoltori bio che con i loro banchi pieni di pomodori e zucchine discutevano con i buyer della GDO e con gli uffici acquisti della fabbriche di alimenti bio di stagionalità e cicli produttivi. Per la prima volta con il SANA c’era una fiera in Italia dove la produzione agricola biologica c’era ed aveva il ruolo di protagonista.
Mi ricordo che nell’edizione del 2005 dalla Sicilia, Campania e Puglia (che sono le regioni che rappresentano circa il 70% della produzione agricola bio in Italia) partivano intere comitive di agricoltori ad affollare gli stand del SANA, e sempre in quella edizione vi erano circa 2.000 buyer di catene di supermercati esteri interessati alla produzione bio italiana. Anche la città di Bologna cambiava aspetto. Con gli agricoltori bio in piazza Maggiore la sera era uno spettacolo unico, sembrava di essere in una grande agorà picaresca e multicolore, con accenti e dialetti di tutte le regioni italiane. I temi erano comuni ed universali: cambiamenti climatici, pioggia che non arrivava, nematodi ed afidi che si mangiavano tutto.
Con il tempo ci siamo resi conto, noi agricoltori, che al SANA non eravamo benvenuti. Prezzi alle stelle degli stand, spazi enormi riservati alla cosmetica, cura del corpo e lifestyle. Ormai soltanto chi trasformava o commercializzava i prodotti agricoli bio aveva la possibilità economica di creare al SANA spazi e stand enormi, costosissimi e futuristici. Come al solito noi agricoltori bio (poveri e rumorosi) non eravamo più economicamente appetibili per gli organizzatori, fummo relegati in un’area decentrata e piccola con costi e prezzi per stand ed allestimenti impossibili.
Io non vado più al SANA da 8 anni. Ho parlato con un po’ di colleghi agricoltori bio e non ne ho trovato uno che sia espositore nell’edizione 2023 (veramente non ce n’è neanche uno che vada come visitatore!!). Ho scorso l’elenco degli espositori SANA 2023 settore Prodotti Biologici A101: ci sono 4 siciliani e 8 pugliesi. Peccato che però Eurostat nel 2020 dice che: “La Sicilia e la Puglia, per vastità di area, sono le prime due regioni tra le 35 europee in cui l’agricoltura biologica copre almeno il 15% delle aree coltivate. Sicilia, Puglia e Calabria insieme rappresentano il 43% della superficie agricola biologica nazionale”
Per essere il SANA una fiera del bio in Italia ci vogliono i produttori. Così com’è, è solo un mercato di creme di bellezza e di pesto al basilico (elenco riduttivo ma rende l’idea). Assobio e Federbio, che saranno presenti al SANA, hanno ancora contatti con la base agricola produttiva? Esiste ancora una spazio espositivo e di incontro per i produttori agricoli bio in Italia o rimane solo il Biofach? Peccato che il Biofach si svolge Germania.
Roberto Giadone per il Corriere Ortofrutticolo