Un frutto simbolo del Mediterraneo, un paesaggio modellato a mano e un ecosistema delicato che rischia l’abbandono. È l’allarme che arriva dalla Costiera Amalfitana, dove il Limone Costa d’Amalfi IGP, emblema della coltivazione eroica, è minacciato dalla mancanza di un equo compenso per i produttori.
“Non ci si arricchisce coltivando limoni, ma si mantiene viva una cultura agricola unica al mondo – spiega Carlo De Riso, presidente e CEO di Costieragrumi –. È un lavoro faticoso, fatto a mano, che consente a 80 persone di lavorare tutto l’anno. Ma senza una giusta remunerazione, questo equilibrio rischia di spezzarsi”.
I terrazzamenti affacciati sul mare, sostenuti da muretti a secco e curati manualmente, sono un baluardo contro il dissesto idrogeologico. L’abbandono di queste colture porterebbe a frane, erosione e perdita irreversibile del paesaggio. La raccolta del limone avviene ancora a spalla, percorrendo sentieri scoscesi: un esempio raro di resistenza agroecologica.
La produzione IGP, che nella sola Costieragrumi raggiunge 1.200 tonnellate all’anno, è in parte biologica e segue rigidi protocolli di sostenibilità: utilizzo di acqua di sorgente, pali in castagno al posto del cemento, lotta biologica con insetti utili contro i parassiti. Il risultato è un limone dalla buccia edibile, richiesto da pasticcerie, gelaterie e produttori di liquori.
Ma questo modello virtuoso rischia di non essere più sostenibile. “Serve un meccanismo che garantisca un prezzo equo, che riconosca il valore ambientale e sociale di questa coltura – ribadisce De Riso –. Perché qui, limone e paesaggio sono un tutt’uno: se cade uno, cade anche l’altro”.
In un tempo in cui si parla tanto di transizione ecologica, la Costiera Amalfitana l’ha già anticipata con una pratica agricola a basso impatto, ad alta resilienza e ad alto valore umano. Proteggerla non è solo un dovere economico, ma una responsabilità etica e ambientale.
La Redazione