AIAB contro l’Unione Italiana Vini: “Non c’è sostenibilità senza bio”

Vigna bio

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In un’intervista rilasciata il 3 maggio al Sole 24 Ore, il presidente dell’Unione Italiana Vini Lamberto Frescobaldi aveva sollevato il tema del raccordo tra il metodo di coltivazione biologica e il concetto di sostenibilità chiedendosi se il primo non fosse ormai assorbito dal secondo aggiungendo inoltre che “biologico e sostenibilità possono in qualche caso essere addirittura in contrapposizione, laddove l’agricoltura biologica richiedendo spesso lavorazioni, con macchine, ripetute nel vigneto possa in qualche caso essere responsabile anche di maggiori emissioni di CO2”.

A queste dichiarazioni AIAB – Associazione italiana per l’agricoltura biologica ha così risposto: “Lamberto Frescobaldi non ha chiaro che gestire un’azienda con ‘metodo biologico’ significa adottare tutti i principi della sostenibilità e che non si può parlare di sostenibilità senza il metodo bio”.

“Il non utilizzo di prodotti di sintesi – ha aggiunto il presidente di AIAB Giuseppe Romano – è una delle conseguenze del metodo bio e non il punto di partenza, come ancora alcuni credono. A testimoniare i traguardi raggiunti ci sono tanti vignaioli biologici di successo. L’oggetto della certificazione non è il prodotto bio ma il metodo con cui l’azienda produce ed è basato sulla conservazione o il ripristino dell’equilibrio dell’agroecosistema, preservando la biodiversità, la fertilità e la qualità dei suoli”.

Il biologico agisce infatti “in prevenzione, proprio per questo consente di fare a meno della chimica di sintesi, non solo nella difesa dai parassiti e dalle malattie, ma anche nel controllo della flora spontanea, trasformando le ‘malerbe’ in preziose alleate. Lo stesso avviene anche nella fertilizzazione e in cantina, se parliamo di vino”.

“L’applicazione del metodo biologico – prosegue Aiab – è uno strumento che consente ai vignaioli biologici di raggiungere alte espressioni di tipicità, quelle che i consumatori apprezzano. Forse anche questo sfugge al neopresidente, i viticoltori biologici sono tanti e nei territori vocati lo dimostrano con esempi eccellenti. Sfugge anche a Frescobaldi l’importanza di lavorare e vivere in un ambiente meno contaminato come avviene nei biodistretti, dove i vigneti condotti in biologico rappresentano oltre il 50% della superficie”.

“Speriamo di aver fatto chiarezza sul bio –  ha concluso Romano – che è la vera concretizzazione della sostenibilità e della resilienza, parole purtroppo usurate dall’abuso lessicale, tanto da aver perso il loro reale spessore. È il bio che include tutti gli elementi della sostenibilità e non il contrario. Per questo non ha senso parlare di sostenibilità se non si parte dal metodo di coltivazione, che può e deve essere biologico”.

Ma anche il neopresidente dell’Unione italiana vini, ha qualcosa da precisare. “Il pensiero dogmatico – ha ribattuto Frescobaldi – è per fortuna lontano dalle pratiche agricole, dove tutto è migliorabile e perfettibile. Lo dice la storia ma anche l’Unione europea, normando la riduzione del ricorso al rame per le pratiche in vigna. Il biologico è stato, ed è, un metodo importante per la difesa del territorio e del consumatore. Un metodo che però può migliorare, per esempio ricercando una molecola che rappresenti una valida alternativa a un metallo pesante come il rame“.

Anche i vini sostenibili italiani – ha aggiunto concludendo il presidente dell’Unione Italiana Vini in risposta ai rilievi dell’AIAB – che saranno, primi in Europa, certificati con una norma pubblica sin dalla prossima vendemmia presentano elementi migliorabili. In questo caso, l’aspetto evolutivo più importante riguarderà il graduale marcamento dell’impronta carbonica e idrica, di fondamentale importanza per riscontrare in modo oggettivo la virtuosità ambientale generata. Solo allora, si spera già dal 2023, si avrà la chiusura del cerchio di un impegno in chiave green, ma anche economico e sociale. Nessuna contrapposizione ideologica, quindi, tra biologico e sostenibile: UIV, associazione che abbraccia centinaia di aziende certificate bio, ha ben chiari quali siano gli obiettivi statutari e strategici che legano il vino ai propri consumatori e alle proprie campagne”.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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