Mentre il biologico attraversa una fase di rallentamento, in Francia si afferma un nuovo paradigma di consumo: i cittadini preferiscono prodotti locali e socialmente equi. Il criterio ambientale, pur ancora rilevante, cede il passo a una domanda più identitaria e solidale, spinta dal desiderio di trasparenza, giustizia economica e prossimità.
Negli ultimi anni, le vendite di alimenti biologici hanno subito una battuta d’arresto, complici l’aumento dei prezzi e la crescente diffidenza verso le grandi catene di distribuzione. In parallelo, si fanno spazio sul mercato marchi che garantiscono un giusto compenso ai produttori e una filiera corta. Etichette come Agri-Éthique e C’est qui le patron?! non solo resistono alla crisi, ma registrano tassi di crescita significativi.
Agri-Éthique, marchio nato nel 2013 su iniziativa di una cooperativa agricola, ha raggiunto nel 2024 un fatturato di 911 milioni di euro, segnando un incremento del 75% rispetto all’anno precedente. Il suo successo si basa su un principio semplice ma efficace: garantire contratti a lungo termine tra agricoltori, trasformatori e distributori, con prezzi fissi e stabili. Un modello che protegge i produttori dalle fluttuazioni del mercato e rassicura i consumatori.
Anche C’est qui le patron?! – un’etichetta fondata da consumatori nel 2016 – si distingue per l’approccio partecipativo. I clienti sono coinvolti nella definizione del prezzo giusto e dei criteri di produzione. La trasparenza è totale: ogni euro speso diventa una scelta consapevole. Nel 2020, il marchio ha superato i 102 milioni di euro di vendite, con performance particolarmente positive nel settore lattiero-caseario, tra i più colpiti dalla crisi.
Queste iniziative hanno in comune un’idea forte: la giustizia economica come leva di fiducia e fedeltà. Mentre il biologico tradizionale spesso appare distante o elitario, i prodotti “giusti” e “locali” si presentano come accessibili, concreti, legati a volti e territori. In tempi di inflazione e incertezza, i consumatori francesi privilegiano la sicurezza di un rapporto diretto con il produttore, anche a fronte di un prezzo leggermente superiore.
Tuttavia, il modello non è esente da critiche. Alcuni osservatori sottolineano che non tutte le etichette solidali garantiscono un’equa redistribuzione dei margini lungo la filiera. La governance del marchio gioca un ruolo cruciale: quando sono cooperative o associazioni a gestirlo, la finalità sociale prevale. Se invece il controllo è in mano a soggetti puramente commerciali, il rischio di un uso strumentale dell’etichetta è reale.
Questa evoluzione del mercato alimentare francese riflette un cambiamento più profondo nel comportamento dei consumatori. Il concetto di prodotto etico si arricchisce di nuove sfumature: non basta più il rispetto dell’ambiente, serve responsabilità sociale, prossimità geografica e stabilità economica. In questo contesto, il biologico appare come una condizione necessaria ma non sufficiente, superata da valori più relazionali e concreti.
In sintesi, la Francia sembra indicare una nuova direzione: mangiare bene significa anche sostenere chi produce, conoscere da dove viene il cibo e sentirsi parte di una comunità economica locale. Una tendenza che potrebbe presto varcare i confini nazionali, ridefinendo il significato stesso di consumo sostenibile.
La Redazione