Metodo biologico e contaminazioni, AIAB: “Utile anche per bonificare aree agricole”

Giuseppe-Romano-AIAB

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“Il metodo biologico consente di bonificare i terreni agricoli, usati per l’agricoltura convenzionale, e trasformarli in aree sempre meno contaminate e rispettose dell’ambiente”. Lo dice senza mezzi termini Giuseppe Romano, presidente di AIAB, a scanso di equivoci, e con l’obiettivo di sgombrare il campo da eventuali ombre che, vicende come quella milanese raccontata da Corriere della Sera – relativa a  terreni ceduti dal Comune ad un’azienda biologica, che si sono poi rivelati contaminati – possano offuscare la strada verso l’incremento di produzione biologico e il rispetto della biodiversità.

La normativa è chiara: “Esiste un limite, per i terreni, sopra il quale si può coltivare e sotto al quale non si può produrre cibo”, questo è certo, ribadisce Romano. Mentre la giustizia farà il suo corso e l’indagine chiarirà di chi sono le eventuali responsabilità per la bonifica mal fatta o addirittura assente, è importante spiegare come stanno le cose e dare fiducia ai consumatori.

“Esistono dei sistemi di recupero dei terreni che favoriscono comunque una ripresa microbiologica e vitale”, fa sapere Romano. Il tema del residuo di metalli pesanti è concreto, ma occorre anche sottolineare che “quasi nessuno di questi passa all’interno della fisiologia della pianta e gli elementi eventualmente nocivi non si trovano mai nella parte edibile della pianta”.

Il metodo biologico, poi, è un metodo di coltivazione e di produzione che ha il compito e la caratteristica specifici di controllare il processo produttivo ponendosi come “un’alternativa per recuperare aree”, aggiunge il presidente di AIAB.  Caratteristica importante se si considera che l’obiettivo che l’Europa si è dato entro il 2030 è di incrementare la superficie di aree coltivate biologicamente.

Terreni del tutto vergini non esistono praticamente più e non è pensabile poter coltivare solo sulla cima di una montagna. Esistono, però, superfici coltivabili che, se trasformate in aree destinate alla produzione biologica, possono cambiare vita e destinazione.

Romano ribadisce che sotto terra sono presenti tonnellate di rifiuti che costituiscono senz’altro un problema ambientale, ma che non passano nelle parti edibili delle piante.  “Il tempo per trasformare un terreno coltivato in modo convenzionale in un’area coltivata con metodo biologico è abbastanza lungo per dare ogni tipo di garanzia”, scandisce il presidente di AIAB.

L’associazione, tuttavia, non abbassa la guardia sulla tutela del biologico e contro i falsi; anche i recenti fatti di cronaca lo dimostrano. Proprio nei giorni scorsi, infatti, AIAB ha denunciato il fatto che, dopo cinque anni dall’inchiesta su una grande truffa sul biologico nel Ragusano, non si è ancora arrivati alla conclusione del processo che deve stabilire le responsabilità (vedi news). In quel caso era successo che le aziende imputate avessero spacciato per biologico frutta e verdura prodotti con metodi convenzionali e quindi con utilizzo di pesticidi, e per questo AIAB si è costituita parte civile ed è stata riconosciuta parte lesa.

“I reati commessi sono gravi e ledono inevitabilmente il buon nome e la credibilità di tutti gli operatori del settore ma, allo stesso tempo, il fatto che una truffa di tali proporzioni sia stata scoperta – prosegue Giuseppe Romano –  significa che il sistema di controllo ha funzionato e funziona e che i cittadini possono fidarsi“. “Per questo – aggiunge il numero uno dell’associazione – chiediamo con determinazione che a settembre non si presentino ulteriori impedimenti e che si possa procedere in maniera spedita per arrivare alla condanna di chi ha ingannato la fiducia dei consumatori e ha provocato un grave danno di immagine ai tanti operatori del biologico”.

Chiara Affronte

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