Cina: terra di conquista per il bio italiano

cina

Condividi su:

Facebook
Twitter
LinkedIn

La Cina: un colosso da 1,4 miliardi di abitanti con un consumo pro-capite di alimenti bio ancora molto basso. A questo Paese è stato dedicato l’ultimo degli appuntamenti 2024 organizzati dalla piattaforma ITA.BIO, con il supporto di Nomisma.

Sui motivi che hanno portato a dedicare questo appuntamento alla Cina si è soffermato Francesco Pensabene, direttore ICE Pechino e coordinatore della rete di Uffici ICE in Cina e Mongolia, nell’aprire l’incontro. “Cresce la produzione biologica cinese interna – ha sottolineato – e il consumo bio segue la crescita economica di un Paese in costante evoluzione. Oggi il mercato cinese del biologico pesa intorno ai 12 miliardi e mezzo di euro e la spesa pro-capite per i prodotti bio si aggira intorno ai 9-10 euro. Siamo evidentemente al di sotto di un potenziale che ci ha abituato ad altri numeri, ma va tenuto in considerazione”. 

I numeri sono confermati dall’indagine compiuta da Nomisma, secondo cui il mercato del bio è cresciuto del 53% tra il 2018 e il 2022 e la spesa pro-capite del 50% nello stesso periodo. “Non dimentichiamo poi – ha spiegato Silvia Zucconi, chief operating officer Nomisma – che il dato del consumo pro-capite è spalmato su una popolazione enorme, ma in effetti i prodotti bio sono acquistati solo in alcune aree del Paese”. Ed è proprio in queste aree (Pechino, Shanghai, Canton Hong Kong) e nella classe medio-alta della popolazione che si è concentrata la rilevazione di Nomisma e qui il 65% delle famiglie hanno consumato un prodotto bio almeno una volta nell’arco dell’anno”. 

L’identikit dello user bio – ha continuato Zucconi – è molto connotato: famiglie giovani, con reddito alto e buona scolarizzazione. Il 41% ha consumato bio fuori casa nell’ultimo anno”. Per quanto riguarda gli acquisti domestici, il canale preferenziale è il supermercato (57%) seguito dallo specializzato (23%), anche attraverso l’online”.   

Per gli user bio, questo attributo è il primo elemento di scelta soprattutto nell’ambito del fresco, in primis frutta e verdura, latte e derivati, carne e derivati. “Per le aziende italiane – ha precisato  Zucconi– un dato interessante è che la quota di preferenza per il prodotto bio arriva al 45% anche per pasta riso, farine e prodotti da forno. Buono anche il 39% dell’olio extra vergine di oliva“.  

La motivazione che porta il consumatore cinese ad acquistare un prodotto bio è soprattutto la ricerca di benessere. “Il 63% dei cinesi ha spiegato Zucconi – ha dichiarato che è disposto a pagare di più in caso di prodotto di qualità; il 76% in caso di prodotto salutistico. Inoltre l’80% della popolazione ama sperimentare“. È questa, quindi, la direzione in cui si devono muovere le aziende italiane per raggiungere il mercato cinese. 

Ma non basta. In un contesto di vissuto molto positivo dell’alimentare Made in Italy (l’Italia è terza, dopo Giappone e USA per l’apprezzamento dei propri prodotti), gli user dei prodotti bio italiani sono il 20% della popolazione nel perimetro dell’indagine. “Se è vero – ha commentato Evita Gandini, responsabile marketing insite di Nomisma – che se il 20% trovasse un nuovo prodotto alimentare italiano bio sugli scaffali dei negozi abituali, lo comprerebbe immediatamente, la maggioranza è però incerta. Gli incentivi all’acquisto sarebbero la marca nota o la private label e il fattore prezzo. Serve inoltre maggiore informazione: il 30% di chi non acquista oggi bio non conosce le differenze che esistono tra il biologico e il convenzionale. Per quanto riguarda i prodotti Bio Made in Italy, la principale motivazione invece è legata al prezzo e alla non presenza nei propri abituali luoghi di acquisto”. 

Se supportate da una adeguata comunicazione, le prospettive di crescita per le vendite di bio italiano in Cina sono buone. “Quasi Il 60% degli interpellati – ha concluso Gandini – prevede nei prossimi anni di aumentare il consumo di prodotti alimentari biologici e quasi uno su di alimenti italiani. Il prodotto su cui c’è maggiore interesse è il vino“. 

Una parte dell’indagine si è soffermata proprio sul vino, il cui consumo in Cina è sceso nel periodo del lockdown dopo una fase di crescita. “Oggi la consumer base di vino di uva è pari a circa il 37% della popolazione – ha spiegato Denis Pantini, head of Agrifood & Wine Monitor di Nomisma – preciso “di uva” perché la popolazione rurale beve vino a base di cerali e questa incidenza è legata ai residenti nelle città ambito delle indagini”. 

Il consumo totale è stato di 11,4 milioni di ettolitri, principalmente vino rosso (75%), seguito da bianco (21%), rosé (3%) e bollicine (1%). Il consumo avviene soprattutto nel fuori casa. L’Italia nel 2023 è stato il terzo Paese per valore di export di vini fermi e il secondo, dopo la Francia, per gli spumanti e gode di un’ottima reputazione. Venendo al biologico, solo il 12% di chi compera vino ne ha acquistata una bottiglia; e la quota di coloro che hanno scelto una bottiglia biologica Made in Italy è del 7%. 

Le leve su cui intervenire per incrementare questi dati – ha sottolineato Pantini – sono legate all’offerta, al pricing e al gusto. Sicuramente il fatto di trovare vini bio prodotti anche da marche  note può rappresentare un elemento di valorizzazione. L’altro aspetto riguarda una maggior diffusione negli scaffali e nelle carte dei ristoranti. Interessante sarebbe anche riuscire a trasmettere i giusti abbinamenti con la cucina tradizionale cinese“.

Elena Consonni

Seguici sui social

Notizie da GreenPlanet

news correlate

INSERISCI IL TUO INDIRIZZO EMAIL E RESTA AGGIORNATO CON LE ULTIME NOVITÀ