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Il “decreto contaminazioni” soverchia i cardini del diritto di una democrazia liberale
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Visto il dibattito in corso in queste settimane sul cosiddetto “decreto contaminazioni” sul bio, riproponiamo i contenuti dei due articoli di commento, già pubblicati ed ancora attuali, con cui abbiamo contribuito a dare inizio ad un dibattito fra chi ha a cuore lo sviluppo del settore e dei suoi operatori e chi, molto probabilmente, pensa più al suo ruolo di rappresentanza e un po’ meno ai rappresentati.
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È abbastanza evidente che questa bozza di decreto si inserisce “nel solco” dei decreti che potremmo definire punitivi verso il settore e che hanno avuto inizio con il D. Lgs. 20/2018 per toccare l’apoteosi con il D. Lgs. 148/2023 e a seguire il DM dedicato alle non conformità. L’operatore che decide di impegnarsi nel biologico è considerato alla stregua di un frodatore seriale che, quantomeno, deve dimostrare la propria innocenza attraverso prove che, quanto accaduto di non conforme, non sia intenzionale e, nel caso non riuscisse a dimostrarlo, deve anche pagare sanzioni che possono raggiungere i 100.000 euro; di fatto il rovesciamento di uno dei cardini del diritto di una democrazia liberale e una norma anticostituzionale.
Questa serie di norme tradisce lo spirito comunitario che con il Reg. UE 848/2018 giudicano non conforme l’utilizzo di sostanze non ammesse e l’insufficiente o mancata adozione di adeguate misure preventive e correttive e non tanto la mera presenza di tali sostanze che, soprattutto quando < 0,01 ppm, è causata da contaminazioni ambientali come abbiamo abbondantemente trattato nei precedenti articoli.
Stupisce, ma alla fine non più di tanto, che organizzazioni storiche del biologico di fatto continuino ad appoggiare tale impostazione normativa minando, per l’ennesima volta, le potenzialità di crescita di un settore che vantano, almeno in parte, di rappresentare.
Si torni allo spirito del Reg UE 848/2018 ponendo gli operatori italiani allo stesso livello competitivo degli altri operatori comunitari. La qualità e la reputazione dei nostri prodotti non dipendono da queste norme che generano burocrazia inutile, costi eccessivi, ridotta competitività e scarsa redditività, ma piuttosto dall’impegno e dalla capacità che le nostre imprese esprimono ogni giorno.
Fabrizio Piva
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