Arriva EquiPlanet, innovativo standard di sostenibilità

EquiPlanet

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Arriva EquiPlanet, innovativo standard di sostenibilità per le imprese agroalimentari messo a punto da Valoritalia e Santa Chiara Next per rispondere all’esigenza delle imprese dell’agrifood di ottenere una certificazione di sostenibilità in linea con l’agenda ONU 2030.

EquiPlanet è stato presentato nella Sala Cavour del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste da Angelo Riccaboni, presidente di EquiPlanet e già rettore dell’Università di Siena, Giuseppe Liberatore, direttore generale di Valoritalia, ente leader in Italia nelle certificazioni del settore agroalimentare e Sandra Furlan, responsabile ricerca e sviluppo Valoritalia, con le conclusioni affidate a Giuseppe Blasi, capo del Dipartimento della politica agricola comune e dello sviluppo rurale del MASAF.

Lo standard poggia su una metodologia messa a punto dal Santa Chiara Next, spin off dell’Università di Siena, in collaborazione con lo United Nations Sustainable Development Solutions Network e il Columbia Center on Sustainable Investment della Columbia University, e sull’esperienza operativa maturata da Valoritalia con Equalitas, la certificazione di sostenibilità delle imprese vitivinicole lanciata nel 2016 e oggi riconosciuta dai principali operatori internazionali.

Sono tre i principi alla base della costruzione del nuovo standard – ha sottolineato il presidente di EquiPlanet e di Santa Chiara Next, Angelo Riccaboni –: il considerare la sostenibilità come una opportunità per le imprese, vederla come un percorso mirato al raggiungimento graduale degli obiettivi e considerare le specificità del settore agroalimentare, profili propri a cui lo standard doveva tenere conto”.

La differenzia sostanziale di EquiPlanet rispetto alle numerose certificazioni green già esistenti è che “Lo standard non certifica la sostenibilità del singolo prodotto – ha spiegato la responsabile ricerca e sviluppo di Valoritalia, Sandra Furlan – ma la conformità delle politiche e dei processi aziendali agli obiettivi e ai requisiti stabiliti dall’Agenda Onu 2030. EquiPlanet promuove un approccio olistico alla sostenibilità, valuta le politiche complessive dell’impresa e prevede un elevato numero di requisiti da rispettare”.

Nello specifico, lo standard si articola in quattro ambiti: buona cittadinanza d’impresa, sostenibilità di operazioni e processi, sostenibilità della catena di fornitura, prodotti e strategie che contribuiscono a diete sane e sostenibili; 20 le tematiche, che spaziano dalla governance alle pratiche anticorruzione, dalla tutela dei diritti dei lavoratori alla sicurezza alimentare, e 88 i requisiti, tutti in linea con gli obiettivi e le azioni stabilite dallo United Nation Global Compact. EquiPlanet è inoltre allineato con i principali standard internazionali di reportistica e certificazione.

Le imprese che vogliono certificarsi con EquiPlanet devono innanzitutto adottare adottare un Sistema di Gestione della Sostenibilità, stabilire obiettivi misurabili e impegnarsi a migliorare le performance di sostenibilità. Infine, devono pubblicare un Bilancio di Sostenibilità redatto con gli standard internazionali previsti dal Global Reporting Iniziative.

“EquiPlanet – ha sottolineato il presidente Riccaboni – consente alle aziende di ottenere una serie di vantaggi, che diventano sempre più evidenti se si guarda all’evoluzione del contesto giuridico e dei mercati. Il più importante è senz’altro costituito dall’allineamento agli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 e dal rispetto dei requisiti ESG (Environmental, Social, Governance); allineamento che consente all’impresa sia di rispondere efficacemente agli obblighi normativi previsti in ambito nazionale e comunitario, sia di adeguarsi alle nuove metodologie di valutazione del credito messe a punto degli istituti bancari, che prevedono rating differenziati in base al grado di adesione ai requisiti della sostenibilità”.

“In definitiva – ha aggiunto Riccaboni – EquiPlanet consente alle imprese di avviare un percorso di sostenibilità in linea con le più avanzate policy internazionali, incoraggia l’innovazione organizzativa e favorisce l’adeguamento ai più avanzati standard gestionali internazionali”.

Secondo il direttore generale di Valoritalia, Giuseppe Liberatore, “EquiPlanet permette di valorizzare aspetti della gestione di un’impresa che altrimenti passerebbero inosservati, come l’impegno verso la tutela dei diritti dei lavoratori e delle minoranze, la promozione delle pari opportunità e del merito. Aspetti che sono parte integrante di una gestione sostenibile dell’impresa, al pari del rispetto dei vincoli ambientali”.

“L’esperienza di Equalitas – ha aggiunto Liberatore – ci ha agevolato nel proporre un altro tipo di certificazione per il mondo agroalimentare messo a punto assieme a Santa Chiara Next, non è uno standard di prodotto ma verifica la sostenibilità dell’azienda nel suo complesso, in tutti i settori che riguardano la sostenibilità, quindi ambientale, sociale ed economico”.

Il dirigente del MASAF Giuseppe Blasi ha sottolineato a GreenPlanet che il ministero ha già portato a termine un percorso di certificazione unica nel settore vitivinicolo e ora è impegnato a raggiungere lo stesso traguardo negli altri settori produttivi, nella considerazione anche dell’importanza che riveste, nell’ambito della competitività delle imprese italiane all’estero, avere un “bollino” pubblico di certificazione della sostenibilità: “È un marchio che aiuta le nostre imprese a conquistare in modo più semplice alcuni mercati internazionali”, ci ha detto Blasi.

A seguire la presentazione di EquiPlanet c’era anche il presidente AIAB, Giuseppe Romano. Alla domanda di GreenPlanet se questo standard possa essere utile per le aziende bio, il presidente AIAB ha risposto: “Assolutamente, è uno standard che analizza la sostenibilità a 360 gradi. Ovviamente come associazione riteniamo che il biologico sia un punto di partenza, non di arrivo, quindi sicuramente focus centrale sul bio per la parte produzione ma è necessario pure per il nostro regolamento confrontarsi con gli altri pilastri della sostenibilità, ovvero quella economica e quella sociale. Attualmente noi, ovviamente, certifichiamo la parte agricola ma dobbiamo anche, come movimento del biologico, fare un upgrading e andare a certificare e valutare gli altri settori della sostenibilità”.

Cristina Latessa

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