In Sicilia c’è un patrimonio da salvare dal valore inestimabile che in pochi finora riescono ad apprezzare. Un patrimonio che rende la Sicilia uno dei luoghi più unici che rari che esista al mondo. Parliamo della biodiversità. Per comprenderne grandezza e importanza basterebbe ricordare che nel panorama europeo, l’Italia è il Paese che, in assoluto, presenta il più alto numero di specie: la penisola ospita circa la metà delle specie vegetali e circa un terzo di tutte le specie animali attualmente presenti nel vecchio continente. All’interno dell’Italia, poi, la Sicilia, insieme alla Sardegna, guida la classifica nazionale della biodiversità, confermandosi isola delle meraviglie, staccando di netto l’altra ricchissima grande isola italiana. “Chi ci è nato e la abita non se ne rende conto. Questa consapevolezza, purtroppo è più rara di quanto si pensi e solo poche persone, ricercatori, studiosi, appassionati, innamorati di questa terra ne colgono l’unicità – afferma Guido Bissanti, agronomo ecologista convinto e tra gli animatori del Coordinamento siciliano per l’Agroecologia, un nutrito gruppo di associazioni, studiosi e stakeholders che è riuscito a far approvare dal parlamento siciliano una legge specifica sul tema della compatibilità tra agricoltura e tutela della biodiversità.
Per comprendere la vastità e l’importanza del patrimonio biologico siciliano basta snocciolare qualche numero. In Sicilia la fauna è stimata in oltre 58 mila specie, di cui circa 55 mila di invertebrati (95%), 1812 di protozoi (3%) e 1265 di vertebrati (2%). Le specie endemiche incidono complessivamente per circa il 30%. La flora è rappresentata da 3252 taxa specifici e infraspecifici, nativi, avventizi e naturalizzati, suddivisi in 880 generi e 134 famiglie. Il 15,44% è rappresentato da specie endemiche del Mediterraneo, ma il 9,90% (circa 380 taxa secondo recenti stime) è esclusivo della Sicilia, il 3,69% è condiviso con il Sud Italia, mentre l’1,85% degli endemismi è condiviso con poche altre zone del Mediterraneo.
Questa ricchezza, che si riscontra solo a livello di interi continenti, stupisce. Ma per gli esperti è facilmente spiegabile con la notevole varietà di ambienti, bioclimi, tipologie di suoli e rocce, configurazioni orografiche e tanto altro ancora. Stupisce ancora di più se si pensa che è riuscita a mantenersi nonostante la forte antropizzazione e il grave degrado degli ecosistemi naturali.
È, dunque l’ecodiversità che fa della Sicilia un vero e proprio hotspot di biodiversità. “Una biodiversità che – osserva Bissanti – è, però, minacciata da perdita di habitat, cambiamenti climatici ed estesa perdita di specie. E poiché la biodiversità rappresenta un patrimonio di informazioni, di energia e di materia vivente, se la perdiamo, corriamo il rischio di compromettere la stessa vita umana e i suoi equilibri geopolitici”.
E mentre a livello nazionale ha preso il via – grazie a 300 milioni del PNRR (per 3 anni) – il National Biodiversity Future Center, primo centro di ricerca italiano dedicato alla biodiversità, in Sicilia la legge regionale in materia di “Agroecologia, di tutela della biodiversità e dei prodotti agricoli siciliani e di innovazione tecnologica in agricoltura” approvata nel luglio del 2021, nonostante sia stata votata all’unanimità, rimane inattuata. La legge, nata ed approvata per tutelare non solo la biodiversità agricola isolana ma anche per evitare interferenze tra i sistemi di produzione agricoli e gli ecosistemi naturali, finora è rimasta ferma al palo. Il decreto attuativo che è stato già elaborato da parte del gruppo di lavoro Agroecologia e Agricoltura Biologica del Dipartimento Agricoltura dell’Assessorato regionale all’Agricoltura ha avuto l’ok del Coordinamento Agroecologia. È mancata la firma dell’allora assessore Toni Scilla. Il cambio di governo che ha seguito le elezioni regionali non ha fatto cambiare la musica. Anche il nuovo assessore in carica, Luca Sammartino, infatti, temporeggia.
Angela Sciortino