La Calabria è Regione leader in Italia nella produzione di clementine, con il 66% del totale nazionale di 668.250 tonnellate raccolte. Un ruolo da protagonista che si conferma anche nella produzione in regime biologico. Difatti, come evidenziano i dati presentati dall’analista di ISMEA, Mario Schiano Lo Moriello, in occasione del “Clementina Festival” a Corigliano-Rossano, la Calabria conta oltre 5.600 ettari di clementine coltivate a biologico. Inoltre, la superficie bio calabrese rappresenta circa il 60% della SAU bio italiana di piccoli agrumi.
Il vessillo del biologico è portato avanti con grande convinzione, ormai da 20 anni, dalla OP “Carpe Naturam”, organizzazione di produttori di frutta e verdura biologiche costituita nel 2006 con l’aggregazione di storiche aziende bio della Sibaritide – areale dove si concentra la produzione di clementine in Calabria – a cui nel tempo si sono aggiunte anche realtà di regioni limitrofe quali Sicilia e Puglia.
Ad oggi la OP conta 116 soci produttori, 880 ettari coltivati, 4 stabilimenti di lavorazione siti nelle zone vocate (2 in Calabria per agrumi, frutta a nocciolo estiva e fragole; 1 in Sicilia per i limoni e 1 in Puglia per gli ortaggi a foglia verde). Un paniere di circa 30 referenze tra frutta ed ortive, prodotte secondo i parametri di certificazioni Naturland, Demeter, Bio Suisse ed i sistemi di certificazione Global-Graps, NOP e JAS.
A guidare il processo verso l’Organizzazione di Produttori “Carpe Naturam” è stata la cooperativa Biosybaris nella piana di Sibari, forte di 110 aziende che coltivano circa 90.000 quintali di agrumi, di cui il 70% costituito da clementine. Motore trainante della cooperativa è il Gruppo Minisci, tra le prime imprese agro-alimentari della Calabria, fondata negli anni ’50 da Francesco Minisci e oggi guidata dai fratelli Edmondo Angelo (responsabile produzione e marketing), Maria Grazia (responsabile amministrativa) e Anita (responsabile commerciale).
“Siamo stati tra i pionieri del biologico, lo abbiamo abbracciato con convinzione, partendo con le prime produzioni sin dal 1986, e ancora oggi lo portiamo avanti sfidando le difficoltà” – ha raccontato Anita Minisci, accogliendo in azienda i buyer e giornalisti italiani ed esteri giunti a Corigliano-Rossano per l’evento “Clementina Festival”, fortemente voluto dall’amministrazione comunale, con l’appoggio della Regione Calabria, non solo per far conoscere da vicino la realtà produttiva del gioiello dell’economia locale, ma anche le tante bellezze paesaggistiche, storiche e culturali della zona.
“La nostra scelta del biologico è una scelta convinta che nel tempo si è rafforzata” – ci ha detto Anita Minisci, che ricopre il ruolo di direttore commerciale della OP “Carpe Naturam”. – “Abbiamo questa vocazione e non abbiamo nessuna intenzione di cambiarla, anche adesso che il livello di vendite del biologico non è così interessante; il mercato difatti si è stabilizzato su certi numeri. Ma noi siamo convinti di andare avanti sulla nostra strada e non la cambieremo”.
I fratelli Minisci hanno deciso di credere nell’azienda di famiglia e nella forza della cooperazione nell’ottica di valorizzazione del territorio.
“Tutti e tre abbiamo studiato fuori, ma siamo tornati qui – racconta Maria Grazia Minisci, componente del CdA del Consorzio Clementine di Calabria IGP e fresca presidente di Confagricoltura Cosenza – Abbiamo scelto di rimanere perché siamo convinti che il nostro prodotto abbia molto valore e che quindi sia necessario dargli risalto, lasciando il valore aggiunto sul territorio, perché se il valore aggiunto rimane qui, si trasforma in investimento, quindi arricchimento del territorio e capacità di trattenere i giovani. Dobbiamo essere capaci di creare valore su questo prodotto, perché è unico. La clementina prodotta in Calabria ha un rapporto di acidi e zuccheri particolare, un plus che la distingue e la rende riconoscibile”.
“Come OP “Carpe Naturam” – prosegue Maria Grazia Minisci – abbiamo scelto il mercato estero, siamo andati apposta a cercare un mercato in cui ci fosse più evoluzione e potesse riconoscere il valore del nostro prodotto, perché noi mettiamo insieme il valore della provenienza certificata IGP con il valore della certificazione biologica, quindi mettiamo insieme due valori e ci andiamo a cercare un mercato più evoluto che possa riconoscerlo. Bisogna però lavorare proprio su questo – conclude – cioè rendere riconoscibile, soprattutto in Italia, ma anche nel mondo, la peculiarità e il valore di questo prodotto, assicurandogli la giusta considerazione”.
Cristina Latessa














