La storica enoteca da Burde a Firenze ha ospitato la tavola rotonda sulla comunicazione dei vini bio in occasione dell’evento BioBacco, alla sua prima edizione, ideato ed organizzato da Studio Umami. La seconda edizione, in una nuova veste che verrà presto annunciata, si terrà sempre a Firenze.
Alla tavola rotonda hanno preso parte esponenti del mondo bio quali giornalisti, produttori, enologi e rappresentati di varie associazioni di categoria. Nello specifico: Marco Serventi (Demeter), Marco Bignardi (Coordinamento Toscano Produttori Biologici), Maria Grazia Mammuccini (Firab), Marco Tebaldi (Freewine), Cristian Giorni (Vini Etici), Leonello Anello (Viticoltura Biodinamica), Filippo Ferrari (enologo ed agronomo), Christine Gogez (in rappresentanza dell’evento Vini di Vignaioli), Michele Manelli (produttore e ricercatore), Lapo Tardelli (agronomo) ed i giornalisti Alessandro Maurilli, Leonardo Romanelli, Alberto Rossi, Roberta Perna e Gianpaolo Giacobbo.
Non facile riassumere ciò che è emerso dal lungo dibattito che ha visto susseguirsi due giri di tavola ed in cui ognuno è stato chiamato ad esprimere il proprio pensiero su questo argomento più che delicato.
A riassumere il tutto, con una personale visione, Gianpaolo Giacobbo, giornalista e fondatore della rivista Porthos, esperto ed appassionato di vini naturali, biologici, biodinamici.
‘Diciamo bio per comodità – afferma Giacobbo – inserendo in questo modo le molteplici sottocategorie come i vini naturali, biodinamici, etici, ecc. Da qui nasce il primo punto di criticità in termini di comunicazione nel senso che non esiste un nome comune a tutti per definire un vino prodotto con sistemi naturali. Il problema, emerso anche nella tavola rotonda, risiede nel fatto che neppure gli attori del mondo bio sanno esattamente dove stanno andando. Non è un male intendiamoci. Analizzando il mondo del vino bio in Italia si può osservare come il momento storico evidenzi un periodo di transizione di tutto il movimento. In questi anni ciascuno è maggiormente impegnato a capire cosa fare più che dove andare. La sensibilità nei confronti del vino bio in Italia è storia relativamente recente. Abbiamo assistito ad una viticoltura più o meno improvvisata degli anni novanta fino ai giorni d’oggi dove i risultati sono decisamente più interessanti. C’è ancora molto lavoro da fare ma si può ben intuire che un obiettivo chiaro e preciso i viticoltori italiani non lo abbiano ancora messo a fuoco. Il mondo dei vino bio è molto piccolo tanto quasi da non rientrare tra le statistiche di vendita del vino italiano nonostante riceva notevole considerazione da parte del consumatore. La critica oramai da anni lo osserva e non mancano le discussioni e le polemiche conseguenti.
In linea di massima – continua Giacobbo – i vini bio si distinguono dai vini cosiddetti convenzionali. I primi hanno come dictat fondamentale l’assenza di utilizzo di prodotti di sintesi e chimici in campagna e l’utilizzo parsimonioso di chimica in cantina. Tendenzialmente si commette l’errore di definire i naturali come buoni ed i convenzionali come cattivi. Ciascuno punta il dito sull’altro evidenziando i vari difetti e contribuendo a creare una sorta di classe politica del vino, alimentando, così, la confusione nei confronti del consumatore. Ad onor del vero però negli ultimi anni abbiamo assistito ad un avvicinamento delle due fazioni. Da un lato molti produttori di vini convenzionali tendono a prevedere nelle linee di vendita prodotti con una soglia maggiore di attenzione e sensibilità sul concetto bio, dall’altro i produttori di vini bio adottano un comportamento enologicamente più corretto con risultati davvero sorprendenti. Stabilire quale sia il migliore non sta certo a noi. C’è chi sceglierà di produrre vino convenzionale e chi sceglierà di bere vino convenzionale in base al suo percorso culturale.
Il mondo del vino bio raccoglie molte associazioni sia di produttori che di consumatori. E’ una realtà che porta con sé una buona dose di passione e di energia. Ciascuno opera nel proprio campo più con uno scopo divulgativo che economico in senso stretto. La convinzione che la scelta bio sia la strada migliore da percorrere porta ad organizzare convegni, festival, incontri di degustazione, produzioni cinematografiche. Il fatto di esistere e di essere organizzati in tal senso è già un sistema di comunicazione efficace. Ritengo che il fatto di procedere dicendo che l’uno sia meglio dell’altro non porti a nulla di concreto. Ma è il lavoro e l’operato di ciascuno che, sommato all’altro, crea una voce comunicativa molto impattante sul consumatore e soprattutto molto credibile.
E Mario?Mario chi è? Mario è il consumatore medio, quello – si avvia a concludere Giacobbo – che di tutte le considerazioni sopra descritte se ne fa un baffo e che quando arriva al bar e ordina un bicchiere di vino, chiede un bianco, un rosso od una bollicina. Mario non ha nè tempo nè voglia di documentarsi sull’esistenza di un vino bio e su come si produca. Come è possibile aiutare Mario? Le risposte sono molteplici: da chi sostiene, ad esempio, che una retro etichetta potrebbe essere uno strumento utile, a chi propone i QR code o altri mezzi di informazione. Certo è che un maggior livello professionale da parte di chi il vino lo vende sarebbe quanto meno auspicabile e funzionale per una corretta comunicazione del vino bio e la cooperazione delle varie entità del mondo bio potrebbe essere uno strumento di comunicazione molto valido’.