Mercoledì 22 marzo la Commissione europea ha pubblicato la proposta di Direttiva Green Claims, attesa da alcuni mesi. La Direttiva entrerà ora nel processo di negoziazione fra Commissione, Parlamento e Consiglio UE. Si stima che il testo finale possa vedere la luce a metà 2024.
Si tratta di un nuovo piano contro il greenwashing secondo cui le aziende europee saranno chiamate a fornire prove scientifiche per garantire che le etichette “eco”, “bio”, o “a ridotta impronta climatica” sui loro prodotti per provare che siano veritiere, affidabili e comparabili in tutta l’UE.
L’obiettivo della proposta è quello di tutelare i consumatori e gli operatori economici impegnati ad accelerare la transizione verde. Il 53,3% delle dichiarazioni “green” sui prodotti fatte dalle aziende esaminate nell’UE, infatti, è risultato vago, fuorviante o infondato e quasi il 40% privo di fondamento.
Le dichiarazioni o le etichette che utilizzano un punteggio aggregato dell’impatto ambientale complessivo del prodotto non saranno più consentite e, davanti alla continua proliferazione di etichette ambientali – Bruxelles stima che oggi ve ne siano almeno 230 -, non saranno permessi nuovi sistemi di etichettatura pubblici, a meno che non siano sviluppati a livello comunitario.
Inizialmente la Commissione aveva indicato che avrebbe utilizzato una metodologia nota come Product Footprint per valutare le affermazioni ecologiche sui prodotti, ma l’indicatore è stato rimosso dal testo finale, limitandosi all’annuncio in futuro di una legislazione ad hoc “per integrare i requisiti sulla fondatezza per alcuni tipi di affermazioni”.
L’importante, inoltre, sarà soprattutto come verrà strutturato il sistema dei controlli sulle dichiarazioni green e le pubblicità delle aziende. La bozza della proposta della Commissione, però, si limita ad affermare che gli Stati membri dovranno provvedere ad allestire specifiche agenzie per fare indagini, controlli regolari e sanzionare. Senza controlli severi, la Direttiva potrebbe sortire l’effetto opposto di legittimare le dichiarazioni green delle aziende.
Inoltre, l’utilizzo della direttiva – uno strumento più debole rispetto al regolamento – che interviene a modifica di un’altra direttiva (2005/29/CE) attribuisce ad ogni Stato membro il potere di decidere se e quando i claim ambientali sono chiari per i consumatori, coerenti alle ‘evidenze scientifiche’ e distintivi rispetto agli obblighi di legge con il rischio di amplificare la concorrenza sleale degli operatori operanti nei Paesi più indulgenti.
La Redazione