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Su tutto e tutti domina un sentimento di attesa e di incertezza. Una parola d’ordine: resistere
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In una lucida analisi apparsa qualche giorno fa sul sito ‘cugino’ corriereortofrutticolo.it, Claudio Scalise della bolognese SGMarketing ha puntualizzato gli effetti dell’epidemia da Coronavirs sul mercato dei prodotti alimentari. In pochissime parole: salta l’horeca, boom dell’e-commerce, l’ingrosso e gli iper in difficoltà, bene i supermercati. Si può aggiungere che tutta la logistica, nazionale e internazionale, è sotto stress: mancano i container refrigerati, bloccati a decine di migliaia in Cina; i doverosi controlli ai confini, nei porti, nelle dogane, nei magazzini, dovuti alla sicurezza sanitaria, fanno saltare tempi e meccanismi consolidati. Le stesse lavorazioni, dovendo svolgersi secondo i criteri dettati da una corretta risposta all’emergenza e nella salvaguardia della salute di chi lavora, sono giocaforza rallentate se non complicate.
Che effetto in generale può avere tutto ciò nella produzione e nel commercio del biologico?
Si lavora, tutti hanno reagito lavorando, come confermano le testimonianze significative raccolte oggi dalla collega Chiara Brandi, in particolare rifornendo il canale di vendita rimasto aperto (e dove si concentrano le vendite del bio): i supermercati, ma anche attivando in proprio o più spesso attraverso altri, il servizio degli ordini via e-commerce e le consegne a domicilio.
Ma su tutto e tutti domina un sentimento di attesa e di incertezza. Valutare gli effetti di quanto sta succedendo richiede un po’ di tempo, occorre che la situazione, specie se l’allerta dura (due mesi o più?), si assesti in qualche modo. Ma c’è una parola d’ordine: resistere. Perché difficilmente ci sarà pace prima che scienza e medicina non trovino un antidoto efficace contro questo invisibile, maledetto nemico.
Antonio Felice
direttore editoriale Gemma Editco
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